Intervista a Giuseppe Tornatore: “La tecnologia sta trasformando le relazioni”

Da Nuovo Cinema Paradiso a La Migliore Offerta Giuseppe Tornatore si è sempre contraddistinto per la grande sensibilità e il candore con cui ha raccontato l’amore. Non è questo il caso de La Corrispondenza, l’undicesimo lungometraggio del cineasta siciliano, che da giovedì 14 gennaio uscirà in oltre 400 sale. La relazione sentimentale tra una studentessa di astrofisica e il suo professore iper-connessi non riesce ad appassionare nonostante un clamoroso colpo di scena iniziale. Né il fascino di Jeremy Irons né la bellezza e la bravura di Olga Kurylenko, che qui offre probabilmente la miglior performance della sua carriera, possono risollevare le sorti di un film il cui fallimento va rintracciato nel soggetto prima ancora che nella sceneggiatura. In ogni caso abbiamo incontrato il regista per discutere le sue scelte, il suo punto di vista sull’amore e le nuove tecnologie e chiedergli un commento sul trionfo ai Golden Globe di Ennio Morricone, suo storico amico e collaboratore.

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Come nasce La Corrispondenza?

«La storia nasce da un mio spunto di circa quindici anni fa. Originariamente erano presenti una figura maschile e più di una femminile ma la trama era la stessa. All’epoca però sarebbe stato un film di fantascienza che non era nelle mie corde. Quindi ho continuano a tenerla nel cassetto finché la rivoluzione tecnologica ha trasformato quell’intuizione fantascientifica in puro realismo. Così ho rimesso mano alla storia tenendo conto di questi nuovi elementi».

In base a quale criterio sono stati scelti gli attori protagonisti, Olga Kurylenko e Jeremy Irons?

«Sono state prese in considerazione varie possibilità. Nel caso di Olga ho avuto la fortuna di incontrare un’attrice gentile che, subito dopo la lettura del copione, ha accettato di fare quattro chiacchiere. Ho visto subito in lei il personaggio. Con Jeremy Irons è stato ancora più facile perché rispecchiava perfettamente l’identikit di Ed. Era il primo della mia lista di candidati e ha immediatamente accettato la parte dopo una lunga conversazione via Skype».

Fino a che punto parliamo di un film realistico?

«Volevo creare un contrappunto tra il realismo, la perfezione logica della tecnologia e  l’ineffabile che sappiamo cogliere ma non sempre riusciamo a definire.  Mi interessava sottolineare la nostra capacità di captare le cose prima che succedano, di cogliere delle premonizioni».

Che cosa ne pensa dell’amore immortale nella società 2.0?

«L’uomo ha sempre sognato forme di estensione della propria avventura esistenziale. Oggi sembra che la tecnologia  dia una mano alla realizzazione di questo sogno antico. Il mio film tratta questo aspetto della vita e tutto ciò che ne consegue. In realtà il destino si può manipolare fino ad un certo punto e quel sogno rimarrà irrealizzabile».

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Quale aspetto l’affascina delle nuove tecnologie?

«Le tecnologie stanno trasformando il nostro codice di relazione con gli altri, la nostra capacità di gestione dei sentimenti. Hanno un ruolo determinante nella nostra società e non si può non rimanerne incuriositi. Poiché io racconto attraverso le immagini mi sembrava naturale prima o poi affrontare anche questo tema».

Ha mai pensato al suo film come ad un’allegoria tra l’amore impossibile e l’idea di un cinema che non c’è più?

«Non ho mai ritenuto che il cinema fosse morto o stesse per morire. Penso che si stia trasformando come ha sempre fatto. L’unica differenza è che oggi la tecnologia consente di alterare certi codici del linguaggio audiovisivo più rapidamente».

Perché gli amori che racconta nei suoi film sono quasi sempre impossibili?

«Non ricordo storie d’amore al cinema o in letteratura che non presentassero un elemento di difficoltà. Cesare Pavese diceva: ‘Gli amori felici sono rari perché non destano la curiosità degli scrittori’».

I due attori protagonisti condividono una sola scena. Come ha gestito le loro interazioni sul set?

«La conversazione via Skype è stata girata come se fosse vera mentre tutti i videomessaggi di Jeremy sono stati registrati ancor prima dell’inizio delle riprese. Li ho girati con una troupe ridotta e con mezzi molto semplici proprio perché volevo rimarcare la semplicità di quelle immagini per consentire a Olga di interagire con esse».

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Ma la distanza, nel loro caso, non è sinonimo di mancanza di coraggio?

«La distanza è una lente ottica che rende più evidenti le cose, prima di tutte l’intensità di un rapporto d’amore. La mancanza di coraggio è sicuramente presente. Tendiamo sempre a rinviare le cose spinose nella vita di tutti i giorni. Poi può succedere che non abbiamo più l’opportunità di affrontarle».

Si è già complimentato con Ennio Morricone per la vittoria di Golden Globe?

«Ho saputo della vittoria lunedì mattina all’alba e ho subito chiamato Ennio che so essere persona molto mattiniera. Era molto contento, gli ho fatto le mie congratulazioni. Avevo seguito da vicino questo storico corteggiamento da parte di Quentin Tarantino ma per ragioni varie Ennio era sempre stato costretto a dire di no. Anche questa volta era intenzionato a fare lo stesso per via del mio film ma l’ho convinto a non rifiutare per la quarta volta. Sarebbe stato poco carino. Sono molto felice per lui. Mi dà energia vedere un uomo di 87 anni così impegnato. Ecco perché nei momenti più difficili della mia giornata penso a lui e mi sento subito meglio!