Irrfan Khan a Firenze: “Il mio ruolo in Jurassic World mi piace molto!”

Ho accettato di girare Jurassic World perché il personaggio che interpreto è il proprietario del parco tematico, ha una grande vivacità, con un suo modo di concepire l’entertainment, il divertimento. E’ stato divertente entrare nei suoi panni ha dichiarato la star indiana Irrfan Khan, attore pluripremiato e con oltre 115 pellicole all’attivo, ospite a Firenze per partecipare alla 14/a edizione del River to River Florence Indian Film Festival, unico festival italiano dedicato alla cinematografia indiana, al cinema Odeon fino al 12 dicembre.

Diretto da Selvaggia Velo, il festival lo omaggia con la prima retrospettiva europea dei suoi film. Irrfan Khan sarà presto nei cinema con Jurassic World di Colin Trevorrow (il nuovo capitolo di Jurassic Park in uscita a giugno 2015); conosciuto dal pubblico per la sua collaborazione con registi internazionali del calibro di Ang Lee nel film Vita di Pi (in cui interpreta Pi da adulto), Danny Boyle in The Millionaire, Marc Webb in The Amazing Spider-Man e Wes Anderson ne Il treno per il Darjeeling, all’attore sarà consegnata l’onorificenza ‘Le chiavi della città’ dal sindaco di Firenze Dario Nardella. Irrfan Khan sarà ospite del festival fino al 9 dicembre a Firenze, dove incontrerà il pubblico del festival. “Per quanto riguarda Jurassic World – spiega Irrfan Khanil regista Colin Trevorrow, mi ha mandato la sceneggiatura dicendomi che dovevo interpretare io il ruolo di Mr. Masrani. Ho accettato perché il ruolo mi è piaciuto molto, ha una grande vivacità. Il personaggio che interpreto, è un magnate proprietario del parco, ha un suo modo di concepire l’entertainment, il divertimento, ha degli aspetti brillanti che mi hanno molto appassionato”.

Irrfan Khan - Life of Pi (2)-compressedA volte è semplicemente la storia che ti prende così tanto che vuoi partecipare alla sua narrazione – spiega Khan – non c’è mai un intento di trasmettere un messaggio sociale particolare. Il messaggio c’è sempre, in me: è la storia del film che deve tirarlo fuori. Tu come attore reagisci alla storia del film e il concetto è quello di condividere quello che è dentro di te con il pubblico”. L’attore è a Firenze per presentare, domani 7 dicembre alle ore 20.30 (cinema Odeon di Firenze), la prima italiana di Qissa di Anup Singh, primo film del suo omaggio, ambientato nell’India postcoloniale racconta la storia di una bambina cresciuta come fosse un maschio dal padre e data in sposo ad una ragazza. Il festival presenterà inoltre a prima italiana di Paan Singh Tomar di Tigmanshu Dhulia (lunedì 8 dicembre, ore 17) e Il destino nel nome di Mira Nair (venerdì 12 dicembre, ore 16.30). In programma anche sette episodi della terza stagione della serie americana Hbo In Treatment, di cui l’attore è stato protagonista.

Sono estremamente onorato di trovarmi in questo paese perché l’Italia – spiega Irrfan Khan – è la culla dei grandi maestri del cinema, daPasolini a Rossellini, conosciamo tutti i grandi registi italiani che hanno certamente formato e plasmato il cinema di tutto il mondo, con un’influenza ben oltre i confini nazionali”. “Uno dei film a cui tengo maggiormente è Paan Sing Tomar che rivela come sta cambiando il cinema indiano e quale altra direzione stia iniziando a prendere. Quissa, invece, pur essendo di un regista indiano, ha comunque un linguaggio più europeo, che può attirare anche un pubblico più vasto e più universale, e può connettere con linguaggi non strettamente indiani. Parlando con Selvaggia Velo (ndr, direttrice del Festival) – prosegue l’attore – quello che abbiamo cercato di fare è inserire tanti diversi ‘colori’ in questa retrospettiva, in modo che risultasse un quadro variegato del mio lavoro di attore”. “Per quanto riguarda In treatment, la serie della HBO in cui ho recitato, devo dire che è stata un’esperienza molto importante e difficile – racconta Khan – è stato molto doloroso rimanere in quel ruolo per tre mesi circa. Anche il modo in cui era girato ti metteva alla prova, se sbagliavi una battuta non c’era modo di rimediare, ma si doveva rigirare tutta una scena che comprendeva magari 10 pagine di dialoghi. Lo chiamerei forse un lavoro di teatro – prosegue l’attore – anche molto intimo, perché gli elementi cinema e musica esistevano ma restavano in secondo piano”.