James Bond, le storie tratte dai libri troppo strane per il cinema

In questi anni abbiamo imparato a conoscere il personaggio di James Bond attraverso le sue trasposizioni cinematografiche, appassionandoci alle intricate vicende spionistiche e rimanendo a bocca aperta davanti a inseguimenti mozzafiato e colpi di scena inaspettati. Molti però non sanno che spesso ciò che si vede sullo schermo è ben diverso da quanto narrato nei libri originali di Ian Fleming, caratterizzati invece da trame davvero assurde e momenti al limite del grottesco. Il primo film dedicato al famoso agente segreto è Licenza di uccidere di Terence Young, con un formidabile Sean Connery in uno dei suoi ruoli più iconici e riusciti. Il film è tratto dall’omonimo romanzo del 1958. A differenza di quanto accade nella versione cinematografica, nella parte finale del libro, Bond si ritrova a percorrere un corridoio dal pavimento prima ustionante, poi gelido, a far fronte ad una ondata di ragni e, infine, ad affrontare un pericoloso calamaro gigante. Il nostro eroe riesce a sconfiggere la bizzarra creatura utilizzando degli utensili trovati per caso e trasformati in armi da combattimento. Anche lo scontro finale con l’antagonista, Dr. No, nel romanzo è reso in maniera completamente anti-climax. Non c’è nessun dialogo memorabile tra i due protagonisti, nessuna frase finale da incorniciare: Bond, senza troppi complimenti, si libera del proprio nemico ricoprendolo di guano.

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Altra grande differenza tra romanzo e libro riguarda il personaggio di Red Grant di Dalla Russia con amore, a partire dal nome: Donovan Grant nel libro, Donald Grant nella pellicola. Nella visione originale di Ian Fleming Grant era dipinto come un personaggio decisamente più grottesco e inquietante di quanto mostrato nella trasposizione cinematografica. Red Grant è un vero e proprio mostro, uno psicopatico assassino che gode nel terrorizzare la gente. Ma la caratteristica più assurda del personaggio letterario è quella di sentire un naturale istinto per uccidere solo durante le fasi di luna piena, proprio come un lupo mannaro. I fan dell’agente segreto più famoso del mondo non sarebbero particolarmente contenti nel vedere un film che porta il nome di James Bond senza James Bond come protagonista. E’ quanto accade invece nel libro de La spia che mi amava, del 1962. La protagonista in questo caso è Vivienne Michel, impiegata di albergo che si ritrova prigioniera di due loschi figuri che iniziano a maltrattarla e considerarla la loro personale serva. 007 in questo caso entra in scena solo quando, dopo essere rimasto in panne in una bufera, chiede di essere ospitato nella locanda dove si trova la protagonista. Le cose però non andranno come sperato e anche Bond sarà imprigionato dai due scagnozzi. L’obiettivo di Fleming era quello di narrare una storia di Bond dalla prospettiva di un diverso personaggio. Il risultato però non fu dei più esaltanti e lo stesso scrittore ne rimase deluso. L’omonimo film del 1977 con Roger Moore, infatti, ne riprende esclusivamente il nome, cambiando completamente trama e impostazione.

Pochi ne hanno sentito parlare ma esiste una raccolta di storie brevi dedicate a James Bond, pubblicata dopo la morte di Ian Fleming, intitolata Octopussy. L’ultimo di questi racconti, 007 in New York, è la sconclusionata storia di 007 in “vacanza” nella Grande Mela. La narrazione si sofferma sugli aspetti più banali della vita dell’agente segreto: nessuna cospirazione, nessun arcinemico da sconfiggere, solo una rilassata riflessione sulla caotica vita a NY e sulla ricetta donatagli dalla sua segretaria per preparare delle buonissime uova strapazzate. Non sappiamo come potrebbe essere resa una eventuale trasposizione cinematografica di questo Bond casalingo, ma sicuramente siamo tutti un po’ curiosi.