Oggi è arrivato al Giffoni Film Festival l’attore francese Jean Reno, recentemente apparso nella commedia francese Chef e protagonista indiscusso del cinema internazionale da molti anni con successi come Leon, Nikita, Ronin e tanti altri. Molto disponibile e di buon umore, l’attore ha ricordato con commozione l’esperienza de La Tigre e il Dragone a fianco di Roberto Benigni e, dopo aver parlato del suo prossimo progetto per la televisione, la serie tv poliziesca Jo, ha smentito le voci riguardanti un’imminente serie tv italiana ispirata al romanzo Io Uccido di Faletti.

1) Lei hai lavorato con registi come Ferreri, Antonioni e Benigni…ti piacerebbe ripetere l’esperienza?

Dove sei Roberto? Roberto è un angelo, gli altri sono già andati e sono veri angeli. Roberto è un uomo straordinario, con un cuore grande.

2) Da un po’ di tempo in Italia funzionano a quanto pare solo le commedie, anche molte commedie francesi. Come se lo spiega?

La gente ha bisogno di vedere qualcosa di diverso dalle loro vite, diverso dalle news che si sentono al telegiornale e dai problemi della quotidianità. Le commedie servono quindi per rendere felici. Il dramma lo conosco, mentre la commedia è una cosa nuova. Spesso viene considerato un genere poco importante perché si pensa sia facile, invece far ridere la gente con profondità come faceva Charlie Chaplin è molto difficile.

4) Ci conferma che in questa nuova serie Jo, la sua partner sarà un’attrice italiana?

La televisione è come una tribù, c’è chi va e chi viene e ogni giorno scopri qualcuno di nuovo, perché gli attori magari vengono solo per un giorno sul set, non come il cinema. Comunque al momento non so rispondere.

5) Tra il personaggio di Leon o quello di Mission Impossibile e altri…quale riprenderebbe per un possibile sequel?

Difficile pensare solo ad uno di questi, tutti hanno un qualcosa. Avevo fatto il film Un amore di Rosanna e mentre lo facevo è morto mio padre. Non è una questione di fama, ma del personaggio e di come vivi con il personaggio.

6) Cosa ne pensa dello stato attuale del cinema americano e della tragedia che c’è stata a Denver durante l’anteprima de Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno?

Sono d’accordo che non si faccia l’anteprima del film a Parigi perché è successa  una tragedia e lo trovo inopportuno. Da un lato ci sono film che sono marchi che si sa che venderanno. L’industria del cinema al momento va sul sicuro, difficile che esca qualcosa di fresco. Ora la situazione è meno bilanciata, perché ci sono le grandi produzioni sicure e i film indipendenti che fanno da contrappeso. Ora uscirà un film diretto da Christian Camarro in cui sarò al fianco di Katie Holmes e altri attori, per una storia tratta da Il Gabbiano di Checov.

7) Per fare Godzilla aveva rinunciato a Matrix? È vero?

No, per Matrix bisognava passare 4 mesi in Australia ma la mia vita privata in quel periodo non era in una bella situazione, e ho pensato: Tornerò completamente ubriaco.

8) Che legame c’è tra lei e Sarkozy?

Non amo parlare di politica, ma sì, siamo grandi amici.

9) Che ci dice dell’esperienza di doppiaggio ne Il giorno del corvo con Claude Chabrol?

Ho fatto un orco. Ma non ho visto il film, creato da giovani ragazzi francesi chiusi al computer, una storia sull’orco e suo figlio, ci ho messo il cuore e spero sia un successo.

10) Ha mai più visto Natalie Portman dopo Leon?

Sì, perché ora vivo a NY, ora è fantastica, molto stabile, bilanciata. Quando ne parlai con sua madre, mi disse che temeva che sua figlia sarebbe cambiata se avesse fatto l’attrice ma io le dissi: ’Signora, è lei che non deve cambiare’.

11) Ha bisogno di training specifici per interpretare un personaggio professionista?

Ci sono due scuole di pensiero: quella di Olivier e quella di Dustin Hoffman. Quando giravamo Il Maratoneta, Hoffman  faceva sempre attività fisica, correva in continuazione e Olivier diceva: ‘Ma perché non reciti e basta’. Tutti i metodi sono validi,  un attore deve fare quello che sente più vicino alla sua natura. Per me la cosa veramente importante è mantenere una condizione fisica simile a quando avevo 17 anni e volevo fare l’attore: non bere troppo, dormire, non prendere droghe, capire che il corpo è uno strumento”.

L’ultima battuta è stata per il Giffoni:  “E’ un festival necessario, come diceva Truffaut. Il direttore Claudio Gubitosi emana la luce dal cuore ed è la luce di tutti questi ragazzi”.

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