Killer Joe, la recensione

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A Venezia è stato presentato ieri un altro film in concorso per il Leone D’Oro, diretto da William Friedkin e intitolato “Killer Joe“. Un thriller a tinte fosche che racconta la storia insolita e cruda di una famiglia disperata e bizzarra, che progetta di assassinare la madre alcolizzata e cattiva per incassare i soldi della sua assicurazione sulla vita. Per tentare l’impresa serve un killer professionista e così entra in campo Joe, un poliziotto di Dallas che nel tempo libero uccide su commissione a sangue freddo. Interpretato da un Matthew McConaughey insolito ma bravissimo, che si allontana definitivamente dalla figura del bravo ragazzo che Hollywood gli ha associato fino ad oggi, quello di Joe è un ruolo molto stravagante e incisivo, pieno di contraddizioni ma pazzamente convincente.

Chris, il giovane spacciatore che fa parte di questa famiglia amorale e disposta a tutto, assolda Joe e lo fa entrare a casa, permettendogli anche di instaurare una relazione con la sorella minore Dottie, che diventa merce di scambio, ma non con costrizione, poichè quest’ultima rimane soggiogata dal tenebroso cowboy cattivo, che ha occhi che fanno paura come afferma lei stessa nel film. “Killer Joe” è un thriller mozzafiato che tiene incollati allo schermo dall’inizio alla fine, coinvolgendo il pubblico in un ritmo di inquadrature ed emozioni concatenate perfettamente tra di loro in modo molto dinamico. Il cast è perfetto e ogni attore è adatto al proprio ruolo, partendo da Emile Hirsch, Thomas Haden Church, Juno Temple, Gina Gershon e arrivando alla vera sorpresa di McConaughey, non più fidanzatino d’America ma killer di ghiaccio, che non risparmia affatto la violenza e trasmette veri e propri brividi.

Friedkin ha deciso di calcare la mano sul sangue e la violenza fisica, soprattutto verso la parte finale del film, accentuando il lato grottesco della storia, che comunque nasce già bizzarra con la scelta di un figlio che deve uccidere la madre, come se stessimo parlando di cosa comprare per cena. La sceneggiatura stessa gioca sul grottesco e battute dirette, complete ma anche cariche di umorismo, portando sullo schermo una storia che cerca di dimostrare che infondo il male è in tutti, anche se più o meno latente e questa famiglia vive costretta e limitata in un mondo triste e patetico, poichè ognuno dei componenti trascina nel baratro l’altro e non si riesce a creare un equilibrio di alcun tipo. Tuttavia il film scorre senza intoppi, con un apice nel finale in cui la violenza si esprime senza freni, ricordando lo stile narrativo di Tarantino, Rodriguez e altri registi di genere. Del resto dal regista di “L’Esorcista” difficile aspettarsi una commedia a lieto fine.

By Letizia Rogolino

Il cinema e la scrittura sono le compagne di viaggio di cui non posso fare a meno. Quando sono in sala, si spengono le luci e il proiettore inizia a girare, sono nella mia dimensione :)! Discepola dell' indimenticabile Nora Ephron, tra i miei registi preferiti posso menzionare Steven Spielberg, Tim Burton, Ferzan Ozpetek, Quentin Tarantino, Hitchcock e Robert Zemeckis. Oltre il cinema, l'altra mia droga? Le serie tv, lo ammetto!

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