I postumi della grande crisi economica che ha investito il nostro paese sono ancora vivi sul corpo di migliaia di operai licenziati e mandati a casa, e sul futuro di tanti stabilimenti produttivi che hanno chiuso i battenti o si sono trasferiti altrove, oltre i confini italiani. Il tema del lavoro interessa ancora il cinema, soprattutto quello che racconta un contesto così delicato tramite i toni della commedia: nel 2009 Jason Reitman portava a spasso per gli aeroporti un George Clooney “tagliatore di teste aziendale”, nel bellissimo Tra le nuvole. Come il suo personaggio, anche il protagonista dell’ultimo film di Gianni Zanasi migra da una città all’altra, completo elegante e trolley al seguito, per svolgere una professione del tutto inusuale. Enrico Giusti (Valerio Mastandrea) lavora per un’importante società che avvicina incompetenti dirigenti che mettono a repentaglio il futuro delle loro aziende; diventa loro amico sfilandogli una firma che lascerà il capitale in altre mani, con il risultato meno piacevole che esista: posti di lavoro svaniti e tante famiglie lasciate senza un sostentamento.
È trascorso molto tempo da Non pensarci ma quello che ritroviamo oggi, è un Gianni Zanasi più maturo e consapevole, capace di toccare corde dell’anima sconosciute al cinema italiano contemporaneo. Ad accompagnarlo in un viaggio emozionante e intelligente c’è sempre Valerio Mastandrea, forse il nostro interprete migliore quando la storia raccontata necessita di tonalità dolci e amare. La felicità è un sistema complesso è un film che ama nascondersi dietro la sua apparente e formale freddezza per poi sciogliersi in un calore umano inaspettato e provocato dalla semplicità della messa in scena, della recitazione mai esagerata degli sguardi fra i personaggi, così veri e dolci, figure fragili da difendere in uno spazio invaso dagli uomini senza cuore. Sottolinea questa algida atmosfera il luogo d’azione, una città del nord circondata dalle montagne che sono simbolo di vette irraggiungibili e discese rapide verso il fallimento. Zanasi dimostra di possedere uno sguardo nuovo e premuroso, dono prezioso per un’annata cinematografica in cui stiamo accogliendo diversi titoli coraggiosi e lontani dai cliché della sala; ogni tassello dell’opera si incastra alla perfezione, sorretto da una sceneggiatura stimolante che grazie a Valerio Mastandrea assume lo stesso, indimenticabile sapore delle sue passate interpretazioni. Valeva la pena aspettare sette anni per un altro piccolo gioiellino, e La felicità è un sistema complesso lo è senza dubbio.
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