La ragazza del mondo, un amore incatenato ai dogmi della religione

Una delle critiche che più spesso viene mossa al cinema italiano contemporaneo è quella di non riuscire a tradurre efficacemente in immagini sceneggiature spesso valide, svuotando il mezzo filmico del suo principale potere, ovvero quello di narrare attraverso il segno e non solo attraverso la parola. Un esempio di questa difficoltà è la prima opera di Marco Danieli, La ragazza del mondo, che si cimenta in veste sia di regista che di sceneggiatore insieme al collega Antonio Manca. I presupposti sono ottimi: analizzare il fanatismo religioso di una comunità così ristretta da poter essere considerata una “setta”, raccontando le ossessioni di una giovane ragazza (Sara Serraiocco) caduta nella pericolosa propaganda di una religione basata più sui dogmi e sulle regole piuttosto che sulla fede. 

Due mondi a confronto, all’ombra della religione

La ragazza del mondo, infatti, non cade nella tentazione di puntare il dito o di proporre banali moralismi, ma mette in contrapposizione due mondi diversi e offuscati dalle proprie ombre, come possono essere quelle del fanatismo o della tossicodipendenza (anche quella in un certo senso una “fede” deviata) a cui si arriva a causa della mancanza di punti di riferimento. Il conflitto interiore che dilania i personaggi al centro della storia (in questo caso i Testimoni di Geova) li spinge a cercare sicurezza nella propria religione, ma dimenticando il valore della compassione e del perdono. Purtroppo, però, quanto di buono fatto da Danieli in fase di scrittura non viene reso con altrettanta forza su schermo, finendo per asciugare una storia decisamente interessante e, non riuscendo a sottolineare passaggi invece coraggiosi e imprevedibili.

Un ottimo Michele Riondino non basta a fare la differenza

Neanche il cast di buon livello riesce a compensare questa mancanza, eccezione fatta per il personaggio volutamente grottesco e inquietante interpretato da Michele Riondino, che si getta in questa interpretazione con anima e cuore, confermando nuovamente la sua sensibilità, non solo artistica ma anche vicina ai problemi sociali e culturali di un Paese sempre più diviso (per conoscere meglio il mondo dei Testimoni di Geova ha partecipato personalmente alle loro adunanze). La ragazza del mondo è però anche il battesimo del fuoco di alcuni neofiti del grande schermo formati dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, che co-produce la pellicola, e per questo va considerato come un lodevole tentativo di mettere in scena un racconto difficile, riuscendo a non essere mai “giudici” ma semplici osservatori.

Nelle pieghe di una sceneggiatura interessante e ricca di spunti di riflessione, nonché in grado di parlare di un tema sensibile senza cadere nella faciloneria, si perde però una regia anonima che nulla aggiunge al racconto, se non una patina televisiva monocorde e dimenticabile. Nonostante tutto, Michele Riondino con il suo personaggio e la storia struggente quanto coraggiosa riescono a trainare una pellicola che forse avrebbe meritato qualche cura in più. Ma quando si parla di opere prime c’è sempre la speranza che si possa migliorare.

Il film è in programmazione dal 9 novembre.

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