Che vada pure all’Inferno! Chi? Secondo il comitato per i diritti umani Gherush92 a meritare la severa punizione sarebbe proprio Dante Alighieri. Ebbene sì. È strano da pensare ma secondo l’organizzazione internazionale, consulente delle Nazioni Unite e fautrice di progetti di educazione allo sviluppo, la Divina Commedia del sommo poeta Alighieri non dovrebbe più finire sui banchi di scuola nella sua integrità, bensì prima dovrebbe essere passata al setaccio e “ripulita” di alcuni passi definiti da Valentina Sereni, la presidentessa di Gherush92, come “offensivi e discriminatori”.
Per fare qualche esempio finirebbe nel grande calderone dei canti condannabili il XXXIV dell’Inferno in cui compare Giuda Iscariota, nella tradizione testamentaria visto come ebreo traditore, nelle fameliche fauci di Lucifero. Oppure il canto XXVIII sempre dell’Inferno reo di definire Maometto “seminator di scandalo e di scisma”. È vero siamo in una società in cui domina il politically correct, in cui nulla può e deve andare oltre le righe, senza dire, fare o giudicare nessuno. Ma forse applicare questa norma ad un testo come la Divina Commedia che risalirebbe, secondo i critici, al periodo tra il 1304 e il 1321, è decisamente troppo. Per il semplice motivo che ci troviamo di fronte ad un’opera d’arte che come tale deve essere valutata, ossia per il suo pregio artistico, per l’enorme valore poetico e per l’incredibile significato assunto nella storia dell’arte mondiale. D’altra parte se decidessimo di applicare le norme del politically correct all’arte dovremmo smantellare dalle nostre biblioteche interi scaffali di capolavori indiscutibili della letteratura. Avremmo pietà per Shakespeare, che mai nascose la sua avversità per i Mori? E poi cosa ne sarebbe di Cicerone, Orazio, Seneca apertamente timorosi del proselitismo ebraico? E cosa succederebbe ai dipinti che contraddicono le norme del “politicamente corretto”?
Forse una riflessione andrebbe fatta: ogni opera è il frutto di un determinato periodo, di una determinata società e di una determinata storia. Così come l’artista è un essere umano guidato dalle proprie idee e visioni. Voler giudicare un’opera secondo i nostri parametri del corretto o scorretto è cosa alquanto bizzarra. D’altra parte, non sarebbe sicuramente un’ingiustizia precludere agli studenti la possibilità di leggere pagine di straordinaria portata artistica, nel luogo ad esso deputato, ossia la scuola, soltanto perché quei versi contengono l’idea di un uomo vissuto molti secoli fa in cui le stesse parole assumevano tutt’altro significato e tutt’altra suggestione? L’arte non è politica. L’arte è arte. E come tale deve essere giudicata, studiata e apprezzata.