Renato è un giovane assicuratore che ogni giorno gira per Roma alla ricerca di potenziali clienti. Il ragazzo è ossessionato dal lavoro e insicuro dal punto di vista relazionale, tanto che ogni suo legame con l’altro sesso si conclude sul più bello per la congenita paura di impegnarsi in storie serie.
Una mattina mentre si sta recando nel consueto tour per l’agenzia si imbatte nell’affascinante Anna, che gli aveva chiesto indicazioni, e il loro incontro si conclude, inaspettatamente, nella camera di lei. Renato ignora però che la sua improvvisata amante sia agli arresti domiciliari in seguito ad una condanna per rapina e, dopo l’iniziale sbigottimento, comprende come la situazione sia quella che ha sempre desiderato: avere la propria fidanzata reclusa in casa 24 ore su 24 gli evita infatti moti di gelosia e la loro relazione diventa sempre più salda e passionale. Quando nella vita di Anna ricompare l’ex compagno Franco, appena uscito dal carcere, Renato finirà suo malgrado coinvolto nella preparazione di un nuovo colpo, con esiti inaspettati.
L’amore a domicilio – I soliti difetti
Nuova esclusiva del catalogo di Amazon Prime Video, il secondo lungometraggio di Emanuele Corapi arriva otto anni dopo il misconosciuto esordio Sulla strada di casa (2011) e cerca di guardare alle omologhe produzioni d’Oltreoceano nel tratteggio delle dinamiche narrative e interpersonali tra i due protagonisti. Un obiettivo centrato solo in parte giacché L’amore a domicilio risente di quel canonico provincialismo tipico del nostro cinema di genere, con sgangherati rimandi alla commedia all’italiana che fu e uno script che tenta di coniugare forzatamente la tipica “arte dell’arrangiarsi” in cui siamo spessi maestri ad un contesto romantico di moderna generazione.
Un ibrido poco omogeneo e poco credibile già nella sua genesi, con il primo approccio tra Renato ed Anna che si instrada subito su un binario prestabilito senza la necessaria naturalezza e che nello scorrere degli eventi mette in campo situazioni viste e riviste fino al giungere dell’inevitabile lieto fine.
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L’amore a domicilio – Quando tentare non basta
La splendida Miriam Leone e Simone Liberati tentano di caratterizzare i rispettivi alter-ego con una spiccata personalità, ma anche le loro interpretazioni risentono di quel gergo dialettale ormai una costante e sono messi al muro da dialoghi improbabili che poco si rispecchiano nel mondo reale. L’amore a domicilio convince leggermente di più nella fase “criminale” dove, tra citazioni a classici come Taxi Driver (1976) e rapine all’insegna dell’improvvisazione, qualche sommessa risata riesce a strapparla. Il sottobosco di figure secondarie gioca sia sul lato leggero che su quello enfatico con alterni risultati e la regia di Corapi è gioco-forza ingabbiata da una struttura filmica che predilige per gran parte del minutaggio – un’ora e mezza scarsa – scene in interni, adoperando il fascino urbano della Città Eterna solo in una manciata di scene madri, epilogo incluso.
L’operazione soffre quindi di ingenuità endemiche, tali di penalizzare un soggetto sulla carta ricco di spunti ma poi reso in maniera superficiale e procedente su una serie di escamotage per nulla verosimili, che tolgono di fatto coerenza all’intero racconto. Un film che rispecchia il carattere insicuro del suo protagonista maschile, senza tirare mai fuori quel guizzo capace di risollevarne la mediocrità generale.