Little Joe | horror austriaco tra Michael Haneke e Roger Corman

Little Joe, diretto da Jessica Hausner e presentato in concorso al Festival di Cannes 2019, dove ha vinto il premio per la miglior attrice, andato a Emily Beecham, arriverà nelle sale italiano il 20 agosto prossimo. Ecco perché non perderselo. 

Little Joe | al cinema dal 20 agosto

Jessica Hausner, austriaca, riprende l’espediente narrativo inventato e perfezionato di Michael Haneke (fatto proprio in questi ultimi anni anche dal greco Lanthimos): c’è un sistema chiuso, con delle rigide leggi che lo governano e con dei rapporti di forza già instaurati, nel quale si inserisce un elemento che crea disordine e rimette in discussione quelle che per i personaggi che agivano al suo interno sembravano certezze. Nonostante ciò, la regista, che dopo aver affrontato con scetticismo il tema della religione adesso utilizza lo stesso metodo di indagine nei confronti della scienza, non vuole imitare davvero Haneke, ma solo prenderne il cinismo per inserirlo in una timida cornice horror. Il suo film, molto goffo quando si avvicina troppo al genere, brilla nel momento in cui deve gestire la tensione del mistero e dell’incombere di una minaccia che non sappiamo cosa sia e se esista davvero.

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La cosa che però davvero stupisce di Little Joe è il modo in cui riesce a trasmettere questa tensione e questo senso di irrisolvibile “scomodità” attraverso un controllo ferreo sull’immagine. Scegliendo una tavolozza di colori tenui, su cui domina il verde acqua, la Hausner guarda all’espressionismo tedesco (i muri storti della camera da letto) concependo la narrazione a partire dalla scenografia. Ma lavora benissimo anche sul sonoro, mettendo tutto questo prodigio tecnico e formale al servizio di una storia che racconta di un mondo impazzito e di una protagonista che comincia ad accorgersene con colpevole ritardo. 

Tra Haneke e Corman

Ovviamente la mente va immediatamente a La Piccola Bottega Degli Orrori, quando capiamo, all’inizio del film, che la serra di laboratorio in cui lavorano gli scienziati protagonisti non è diversa dalle stanze segrete in cui il cinema di paura classico alla Roger Corman produceva i suoi esperimento. La Hausner ce lo fa capire senza dirlo, grazie alla recitazione distante, al gelo degli ambienti da laboratorio e ad una colonna sonora che sfrutta il sound design (bip, cani che abbaiano, rumori di ventole) per raccontare ciò che si svolge in quegli ambienti.

Il risultato di questi esperimenti, diversamente dal film del 1960, non è una pianta parlante assetata di sangue, ma una pianta più piccola e apparentemente docile, il cui polline, forse, stimola chi lo odora a proteggerla, a discapito di chiunque altro. Lo stile, austero e rigoroso, è però quello di Lanthimos e Haneke (al netto del loro umorismo nero, qui invece tenuto a freno) e non quello scanzonato e psichedelico del cinema di serie B della factory fondata da Corman.

Marginalizzare la componente umana

I movimenti di macchina lentissimi escludono progressivamente la componente umana dall’inquadratura, lasciando che lo spazio filmico venga progressivamente inghiottito da un vuoto nel quale risiede il maggiore mistero del film. Come nella trama di un romanzo Philip K. Dick, ci si interroga sulla reale importanza di scoprire se ciò che stiamo vivendo sia reale o meno. 

L’insignificanza dell’esperienza umana sta nella sua immodificabilità. Quando anche una mutazione strema è destinata a generare una nuova forma di vita drammaticamente identica a quella precedente, ogni interesse sul prosieguo della specie viene improvvisamente meno. E si accetta la sostanziale inutilità della comprensione di se stessi.

Little Joe | horror austriaco tra Michael Haneke e Roger Corman
4.0 Punteggio
Pro
Grande controllo dell’immagine
Contro
Goffo quando si avvicina al genere
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora