Marcello Di Noto debutta nel lungometraggio con un’opera piena di stile e di passione. Dopo il passaggio alla Festa del Cinema di Roma 2020 e all’Ortigia Film festival 2021, L’amore non si sa approda anche (e finalmente) in sala, il 19 agosto 2021.
Per l’occasione, il regista palermitano ha risposto a qualche nostra domanda in esclusiva, ed ecco cosa è venuto fuori…
Marcello Di Noto | L’intervista
Da dove nasce l’idea del film? Quanto c’è della tua esperienza personale?
Vent’anni fa un uomo a volto scoperto entra in pieno giorno in un bar che frequentavo e accoltella al cuore il barista. Poi esce camminando tranquillamente accompagnato dagli sguardi terrorizzati dei clienti.
L’identikit del killer non è mai stato fatto. Omertà?
Io non ero lì per fortuna, ma mi sono chiesto se veramente sarei riuscito a identificare il killer.
Da questa domanda sospesa, nasce L’amore non si sa, un film sulla responsabilizzazione dell’individuo di fronte a se stesso prima che alla società.
La suggestione country/circense?
Mi piace creare delle atmosfere credibili, ma al limite del surreale.
Voglio portare lo spettatore nel mondo dei personaggi. Tirarlo fuori dalla realtà per il tempo del film.
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Qual è stata la difficoltà maggiore per realizzare il progetto? E la sfida che senti di aver superato?
Fare un primo film è un evento piacevolmente traumatico. Non si è mai preparati fino in fondo pur avendo molta esperienza di regia. Lo aspetti per tanto tempo e sembra non arrivare mai. Ma quando parte è come una slavina, che ti viene addosso.
Devi correre c’è poco da pensare.
Scelto come preapertura alla Festa del Cinema di Roma e premiato all’Ortigia Film Festival. Che valore hanno certi riconoscimenti e com’è il tuo rapporto con i festival?
I festival sono il solo mezzo che può aiutare un regista esordiente a far conoscere il proprio lavoro. Grazie dunque ai festival che hanno scelto il film e a quelli che non l’hanno scelto, per il prezioso lavoro che fanno per il cinema.
Dal punto di vista stilistico, L’amore non si sa è piuttosto accattivante sensuale e coraggioso. Quale tipo di riferimenti hai scelto per la tua opera?
Il cinema è solo immagine in movimento. Chi pensa che sia un’affermazione scontata non ne coglie fino in fondo il significato.
Nel nostro film i personaggi sono bruciati dal sole. Sono vestiti come marionette e percorrono sempre le stesse strade come criceti sulla ruota. Dentro però sono pieni di vita. Il loro sangue è rosso, il loro cuore batte, e lottano e vincono, e perdono e sbagliano. Sono molto incoerenti. Sono molto veri.
Sono gente comune. Quelli che vivono dall’altro lato della cartolina.
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A chi mi sono ispirato?
Non citerò nessuno dei grandi maestri del cinema. Non sarebbero d’accordo.
La musica è un elemento fondamentale sia per la caratterizzazione di Denis che per la struttura della pellicola. In che modo hai lavorato sulla colonna sonora?
La musica è sicuramente l’anima del film.
Non ho meriti, ma solo due fortune: che la colonna sonora è stata creata dal maestro Michele Braga, che non ha bisogno di presentazioni; e che Giosada (che si è anche divertito a recitare un ruolo) ha scritto due canzoni per il film. Io amo entrambe le cose. La musica del film funziona tanto.