Non solo c’è una possibilità che questo accada: è praticamente una certezza. Quando Bong Joon-ho ha trionfato agli Oscar 2020 con il suo discusso “Parasite“, ha lanciato un chiaro messaggio alla cinematografia occidentale che suona oggi profetico – ovvero che aldilà dei sottotitoli alti due dita, esiste una ricchissima produzione di film e serie TV che stanno per sbarcare sui nostri schermi, poiché le barriere ormai stanno cadendo. Volenti o nolenti.
La Cina è vicina (e la Corea anche)
Era una frase che fa sorridere, ma anch’essa racchiude un fondo di verità. Arroccati nel nostro autocompiacimento culturale, non abbiamo notato il grande fermento culturale in atto in altri paesi per noi quasi mitici. Cina, Giappone, oggi la Corea, e domani l’India, stanno emergendo in modo preponderante nella produzione cinematografica e di intrattenimento, aiutate in questa espansione dall’apertura delle autostrade digitali mondiali.
Non più stretti dalle major, che distribuivano i loro stantii remake e franchise ancorate sulla figura di attori iconici, ci troviamo davanti a fenomeni di costume che hanno letteralmente fatto a pezzi il nostro modello di intrattenimento, con risultati brutali e dissacranti.
Squid Game, un fenomeno emblematico
Una serie come Squid Game è sicuramente un ottimo esempio di questa tracimazione culturale – con un effetto così esplosivo da diventare un fenomeno di costume. E se non ne avete mai sentito parlare (ma ne dubitiamo), si tratta di un ambiente distopico dove un gruppo di persone pesantemente indebitate compete per aggiudicarsi un premio in denaro in una serie di giochi dove chi perde muore.
Una serie con un significato di critica sociale devastante, che ha faticato a essere prodotta sin dalla sua ideazione, nel 2008, ma che grazie a Netflix, che ne ha acquisito i diritti, è diventata un fenomeno mondiale, bruciando ogni record. Nel 2021, Squid Game ha totalizzato 111 milioni di visualizzazioni in un mese sulla piattaforma. Un successo che non ha pari nella storia di Netflix, con un’impronta culturale pop che non avvinceva così il pubblico dai tempi di Game of Thrones.
E il risultato non è (e non sarà sicuramente) temporaneo, ma porterà la serie coreana ad assumere quel livello iconico che la porterà al di fuori dal suo ambito attuale per diventare una vera e propria franchise. Un esempio molto famoso è quello di Robocop, un personaggio che grazie al successo dei film è riuscito a farsi strada nell’industria dei casinò online, con slot machine dedicate a tema offerte ai fan nei casinò online, in un universo davvero integrato che unisce diverse forme di intrattenimento.
È la fine del gatekeeping, bellezza
Il gatekeeping è quella specie di censura silenziosa che mantiene un ambiente separato dal mondo attraverso una discreta sorveglianza ai confini, un po’ come accadeva nelle città medievali con le loro porte sorvegliate da sentinelle. E finché i punti di accesso erano pochi e monitorati, il tutto funzionava. Ma con il cambio di paradigma portato da una comunicazione globale, non si sono solo aperte delle nuove porte: l’effetto è stato quello di demolire i muri.
E non basta che l’establishment culturale dell’intrattenimento occidentale abbia dato il suo placet a film e serie che provenivano da fuori, ma alle proprie condizioni: oggi, è stato superato da una struttura di fruizione di questi stessi contenuti che lo “salta” a pié pari, andando direttamente al pubblico in modo democratico.
Una serie come Squid Game, e altre come lei in futuro, non vinceranno gli equivalenti dei premi come l’Orso d’Oro di Berlino o la Palma d’Oro di Cannes, ma andranno direttamente là dove conta davvero – alla pancia della gente, senza mediazioni. E questo è un fenomeno inarrestabile, devastante, e alla fine, salvifico, che ci avvicina davvero al cuore di un mondo che non abbiamo mai conosciuto davvero.
L’intrattenimento di matrice USA sta passando di moda?
Questo è quello che un commentatore culturale come David Chen si chiede. Chen, americano di etnia cinese che vive a Seattle e che conduce podcast molto seguiti quali The Filmcast e Culturally Relevant, nota che una serie come Squid Game – intrisa di riferimenti ferocemente anticapitalisti e di un’alienazione culturale che si può ritrovare nel lavoro di visionari come Kubrick e della sua Arancia Meccanica – non avrebbe avuto nessuna possibilità di essere trasmessa in Occidente solo dieci anni fa, e si sarebbe potuta trovare esclusivamente in un circuito esclusivamente alternativo, mentre oggi è diventata un fenomeno di costume.
Eppure, ha letteralmente bucato lo schermo di un Occidente intiepidito e preda di sussulti nazionalisti. Dov’è il trucco? Forse sta nelle considerazioni di Ted Sarandos,
chief content officer di Netflix, che nel 2018 ha detto di essere elettrizzato dall’idea che il prossimo successo mondiale sarebbe arrivato da qualche altra parte del mondo e non da Hollywood – ed è oggi evidente che le sue non erano solo parole, ma una vera e propria dichiarazione d’intenti.
Quindi ci aspettiamo che nella cittadella assediata dell’intrattenimento dell’Ovest, costruita intorno alla roccaforte californiana e abitata dal suo entourage, avvenga un assedio di barbari provenienti da ogni dove. Che siano lì non per distruggerla, ma per impreziosirla, portando nuovi, strabilianti contributi mai visti prima, in uno scambio ideale che ci riporta idealmente ai tempi dei viaggi di Marco Polo. Ma questa volta, al contrario.