“Che diavolo c’è in me che non va? Non sono ciò che vorrei essere” cantavano i The Clash, il famoso gruppo musicale britannico attivo dal 1976 al 1986. Una crisi di identità che interessa il giovane Shay, un ragazzo di 14 anni interpretato da Tom Hughes, protagonista di London Town, il film di Derrick Borte presentato in anteprima ad Alice nella Città 2016.
Egli vive a Wanstead, un piccolo sobborgo nei dintorni di Londra con il padre e la sorella più piccola, dopo che la madre musicista irresponsabile li ha abbandonati per condurre una vita più liberale. Siamo alla fine degli anni ’70 e nelle strade si verificano numerose rivolte e proteste violente nell’Inghilterra governata da Margaret Thatcher. Quando il padre è vittima di un incidente che lo costringe a letto per alcune settimane, Shay deve riuscire a portare avanti la casa e gli affari da solo, impresa che si rivela non priva di ostacoli ed imprevisti. L’incontro con la coetanea punk Vivian lo trasforma gradualmente in un uomo, introducendolo alla musica dei The Clash che lui comincia ad inseguire come una filosofia di vita.
Scritto da Matthew Brown, London Town è un piccolo gioiello indipendente dall’anima british, in cui si respira un’aria di cambiamento sociale e un rifiuto delle convenzioni. Jonathan Rhys-Meyers già lo avevamo visto nei panni di un musicista nel film La Musica nel Cuore del 2007 e anche qui risulta convincente, seppur poco presente rispetto al giovane Hughes che regge benissimo la scena da solo, con espressività e determinazione. Avvolto in una fotografia dai colori pop, il film respira l’anticonformismo di Camden Town, per raccontare una storia di formazione semplice ma ricca di sfumature. Il conflitto generazionale, la ricerca di una propria identità sociale, il brivido dell’avventura e una presa di coscienza risultano ingredienti necessari per una commedia adatta per un pubblico di tutte le età.
L’umorismo è tenuto a bada da una serie di scelte stilistiche più convenzionali, ma ci si diverte e si riflette seguendo le scelte di Shay, in bilico tra l’ingenuità infantile e una responsabilità più matura. Il suo rapporto con il frontman dei The Clash è tenero e curioso, poiché quest’ultimo diventa un modello da seguire per Shay, una fonte di ispirazione e una figura paterna a cui appoggiarsi in mancanza del padre reale. Un’amicizia che infrange la barriera virtuale che separa il mondo della celebrità dal mondo reale e fa venire voglia di recuperare i vecchi successi dei The Clash mai dimenticati.
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