“Il caffè ha tre gusti: amaro, aspro e profumato”. E’ facile collegare all’Italia la produzione di un film la cui sceneggiatura gira intorno al caffè, l’amata bevanda dal gusto amaro della quale gli italiani sembrano non poter fare a meno. Dopo la commedia del 2012, 10 Regole per Fare Innamorare, Cristiano Bortone cambia tono con un dramma che utilizza il caffè come metafora della vita contemporanea, fragile ma anche meravigliosa. Il suo nuovo film Caffè, nelle sale dal 13 Ottobre, è stato presentato in anteprima a Venezia 73 per le Giornate degli Autori, raccontando tre storie ambientate in tre parti del mondo, lontane tra di loro ma legate emotivamente ad un livello più intimo.
Il film si apre in Belgio dove un immigrato iracheno di nome Ahmed gestisce la sua attività commerciale mentre per le strade si verificano scontri violenti di protesta. Un giorno il suo negozio viene rapinato e l’uomo ritrova un documento che lo collega ad uno dei ladri, che gli ha portato via la sua preziosa caffettiera d’argento. Intanto in Italia Renzo, un sommelier di caffè con una grande passione per questa bevanda nostrana, lavora per uno stipendio minimo in un bar di paese e ha bisogno di soldi. Sotto pressione per l’imminente arrivo di un figlio e la quotidianità ricca di responsabilità e spese ordinarie, Renzo è costretto a prendere parte ad una rapina all’interno di una torrefazione, ma il suo piano non va come aveva programmato e gli eventi precipitano con pesanti conseguenze. Infine in Cina Ren Fei rischia di distruggere il paesaggio naturale suggestivo nella valle dello Yunnan in quanto manager di una fabbrica in via di sviluppo.
Dopo la rivelazione di Lo Chiamavano Jeeg Robot, la sorpresa di Veloce come il Vento e il recente successo di Mine, il cinema italiano continua a realizzare film di respiro internazionale, provando a competere con le grandi industrie cinematografiche. In questo caso però l’esperimento non è del tutto riuscito, soprattutto per un montaggio sconnesso e una narrazione confusa in quanto piena di filoni narrativi da portare avanti. Spesso gli autori italiani fanno l’errore di trattare troppi argomenti importanti nello stesso film. Caffè tocca la questione del benessere ambientale nell’episodio cinese, il tema dell’immigrazione in Belgio e la crisi economica in Italia, senza approfondire le varie sfumature dei personaggi che si muovono all’interno di queste situazioni drammatiche e complesse. Si può condividere l’idea di Bortone di realizzare un ritratto dei tempi in cui viviamo, raccontando la storia di tre personaggi feriti o messi alla prova dalla società, mentre cercano di trovare un equilibrio tra le ferite e i compromessi.
“Con Caffè – dichiara Bortone – ho cercato di raccontare le incertezze dei nostri tempi attraverso le storie di tre personaggi comuni, in luoghi diversi di un mondo sempre più piccolo. Ahmed, Renzo e Fei combattono come tutti noi la loro piccola battaglia personale, ma essa è solo un tassello di problematiche più grandi: il flusso epocale di migranti e lo scontro tra popoli e culture, il declino economico in cui versa la società occidentale, l’emergenza ecologica. Ho deciso di legare questi tre destini attraverso l’elemento del caffè, un prodotto apparentemente quotidiano ma in realtà ricco di simbolismi e legato a momenti importanti della nostra civiltà. Un prodotto che grazie al senso del gusto ci evoca emozioni e sentimenti”.
Il film ha un buon ritmo, ma la regia risulta acerba anche se il cast è convincente, soprattutto nella persona di Ennio Fantastichini. Non mancano scene emozionanti e a loro modo evocative, e il pubblico può lasciarsi coinvolgere da questi tre destini che lottano all’ombra della tradizione e della speranza in un futuro migliore. Tuttavia Caffè è un film imperfetto e sconnesso, che ha dei punti deboli che potevano essere resi in modo diverso.