Un interminabile odissea emotiva intrappola Eva ( Tilda Swinton) in un dedalo fatto di ricordi, rimorsi e senso di colpa. Eva trascina la sua esistenza in un quotidiano fatto di routine, ripercorrendo costantemente tutte le tappe della sua vita famigliare alla ricerca delle proprie colpe, alla ricerca di una spiegazione. È lei infondo la responsabile del gesto (mi limito a girarci a torno e a non svelarlo, anche se si intuisce nei primi cinque minuti del film) di suo figlio Kevin? Donna indipendente, di talento e con una grande passione per i viaggi, si ritrova a ridimensionare le sue prospettive quando si innamora di Franklin ( John C. Reilly) e rimane incinta. Il nuovo ruolo di mamma, nonostante i confort di una vita agiata, sembra non esserle naturale. nonostante il sentirsi inadatta, i tentativi, sinceri, di Eva di allevare con affetto il figlio sembrano non cedere il passo alle difficoltà. Ma la risposta di Kevin è rabbiosa fin dai primi anni dell’infanzia. Sembra che il suo carattere, scontroso e freddo, sia lo specchio di quello distaccato della madre (almeno nelle intenzioni del regista). Ma il comportamento di Kevin, nei ricordi della madre, sembra travalicare quello di un bambino disturbato da una educazione al affettiva o violenta. Dal dramma di una madre che ripercorre il proprio dramma e la relazione col proprio figlio, il film sembra trasformarsi in un ritratto dell’anticristo.
La rappresentazione della vita di una famiglia borghese americana, con le sue problematiche specifiche si trasforma nel racconto horror di un giovane alienante futuro serial killer, perdendo così tutte le sfumature possibili del personaggio di Eva. Un racconto che si perde alla deriva, concentrandosi apparentemente sul rapporto madre figlio, dimenticando quasi tutto il tessuto sociale e familiare attorno ( se non contiamo il padre, che non si rende minimamente conto della pericolosa indole del figlio tanto da regalargli in arco). L’aspetto più interessante diventa la tenacia che spinge Eva a continuare la propria vita amando e in qualche mondo prendendosi cura del figlio, nonostante tutto.