, il divo di capolavori del cinema mondiale come Rusty il selvaggio, Drugstore Cowboy e Crash – Contatto fisico, è arrivato all’undicesima edizione della Festa del Cinema di Roma per presiedere la giuria del Premio Camera d’Oro Taodue. Un ruolo che, nonostante gli stia stretto, ha deciso di accettare per la kermesse di Antonio Monda: “Non sono mai stato il presidente di niente, mi risulta difficile ragionare in termini di concorso – ha svelato l’interprete di Wayward Pines – Non è facile attribuire un premio di questo genere perché significa dare una chance a qualcuno. Per me conta prima di tutto l’autenticità di un’opera. Oltre a essere attore sono anche regista e so bene quanto sia difficile realizzare un film”.
A distanza di quattordici anni dal toccante debutto dietro la macchina da presa di City of Ghosts, la star di Tutti pazzi per Mary ha deciso di realizzare un documentario su Francisco Fellové, il cantante e musicista conosciuto in tutto il mondo come El Gran Fellové: “Non so perché sia passato così tanto tempo dalla mia ultima esperienza da regista. Dirigere un film è una esperienza grandiosa, a dir poco straordinaria. Ma essere anche e soprattutto un attore ha lo svantaggio di venire considerato dalla troupe e da te stesso come tale. Al momento sto lavorando al documentario su Fellové, un progetto che ho iniziato nel 1999 mentre il cantante incideva il suo ultimo disco e ho ripreso tre anni fa esplorandolo in maniera più diretta. Questo documentario non tratta di me ma è molto personale. Mi identifico in questa persona nata povera e diventata grande grazie al talento“.
Effettivamente Dillon, nonostante abbia cinquantadue anni, è un volto di punta del cinema americano dal 1979, l’anno del Giovani guerrieri di Jonathan Kaplan. Una carriera di trentasei anni celebrata da una domanda che ha cercato di carpire il segreto per sopravvivere nello showbusiness: “È una domanda molto profonda – ha rivelato l’attore, visibilmente emozionato nel ricordare la sua lunga e immensa filmografia – siamo chi siamo e dipendiamo dalle circostanze della vita. Il mio segreto è ricordare sempre le mie origini. Sono fortunato ad amare il mio lavoro e a non essere schiavizzato in una realtà che odio, mi sento benedetto.
Ma che cosa ha convinto la star meno sotto i riflettori di Hollywood a volare fino alla Festa del Cinema di Roma? “Quando mi hanno proposto di presiedere la giuria ho accettato perché avrei dovuto vedere solo otto film, che poi sono diventati dodici. Qualche tempo fa ero in Brasile per un Festival e l’ultima cosa che volevo era stare chiuso in una sala cinematografica. La stessa cosa vale per Roma, una città che amo. Eppure sto imparando moltissimo da questa esperienza. I film sono davvero incredibili“.
Tra i prossimi progetti dell’attore americano c’è poi un chiacchierato ma mai confermato film con il regista Ferzan Ozpetek sui cui però Dillon ha preferito sorvolare: “È inutile parlare di una cosa che non sta accadendo. Ribadisco il mio interesse nel lavorare in Italia dove ci sono persone molto serie. Non ci sono piani definiti ma è un’esperienza che mi piacerebbe fare in futuro”.
Foto di Carlo Andriani