Questa mattina l’attore Matthew McConaughey, ha incontrato la stampa a Roma, elegantissimo e sorridente, ma soprattutto disponibile a parlare sinceramente della sua carriera in ascesa, dell’ultimo film Dallas Buyers Club che sarà nelle sale italiane dal 30 gennaio e della sua corsa agli Oscar 2014 come Miglior Attore Protagonista. Finalmente Matthew ha messo da parte i soliti convenevoli sull’amore per l’Italia, gli spaghetti e il mandolino, che la maggior parte di attori hollywoodiani utilizzano spesso per aprire le conferenze stampa e ha risposto a tutte le domande in modo completo, regalando ai presenti notizie molto interessanti e curiose. In Dallas Buyers Club, McConaughey interpreta Ron Woodroof, un cowboy omofobo che un giorno scopre di aver contratto l’HIV e la sua vita cambia bruscamente. Egli si accorge di dover fare qualcosa per cambiare il corso della sanità americana e trovare una soluzione al suo problema e a quello di altri malati come lui, dando spazio anche alle cure alternative, viste dai medici e dalle istituzioni come pratiche pericolose e poco chiare. “Penso che la cosa più difficile sia stato il fatto di riuscire a realizzare questo film, poiché la sceneggiatura ha girato per circa 20 anni ed è stata rifiutata ben 127 volte. I finanziamenti non c’erano, e quando sembrava ci fossero, sono spariti 5 settimane prima delle riprese. La sfida tuttavia è stata che Woodroof aveva tanta rabbia dentro di sè e si è scontrato con una serie di contrapposizioni, quindi è stato difficile mostrare tutte queste variazioni della rabbia senza una recitazione ripetitiva” ha dichiarato l’attore, parlando delle difficoltà di questo ruolo che lo ha portato ad una nomination agli Oscar, in competizione con Leonardo Di Caprio, nominato per The Wolf of Wall Street, l’ultimo film di Scorsese in cui McConaughey ha partecipato con una sorta di cameo di una scena breve ma significativa e apprezzata dalla critica. “Ho lavorato 5 giorni per The Wolf of Wall Street e per quello sono stati nominati Leonardo Di Caprio e Jonah Hill. Quando mi stavano portando la prima volta a casa di Scorsese per parlare del mio ruolo nel film, ho fatto fermare la macchina un attimo realizzando che quello era il Maestro del Cinema che avevo studiato nel 1992 all’università. Mi sono divertito moltissimo. Lui ha una profonda conoscienza del cinema e ama le parti divertenti dei film. La mia scena è un fulmine, ma mi sono documentato e ho improvvisato, ne ho parlato con lui e ha approvato le mie idee per quella scena”.
“Questa sceneggiatura ha le zanne e io sono stato azzannato!” ha affermato McConaughey, sottolineando poi il percorso tortuoso per la realizzazione di Dallas Buyers Club, tra la poca fiducia dei produttori e i finanziamenti tardivi. “Il film fu rifiutato ben 137 volte. Quando si sceglie di investire soldi in un film tutti dicono sempre di voler fare della buona arte, ma vogliono anche guadagnare e rientrare dei loro investimenti. Quando leggi storia vera sull’ HIV, dramma omofobico etc… pensi subito che i soldi non li vedrai mai”. Tuttavia lui e il regista Jean Marc Vallèe erano fortemente intenzionati a realizzare il film e non hanno mollato. La grande prova è stata anche la perdita notevole di peso, vicina alla scioccante versione di Christian Bale per L’Uomo senza Sonno. A tal proposito, McConaughey ha raccontanto: “Per la perdita di peso è stata una cosa da militante, un percorso fatto con precisione. Prima di tutto mi sono consultato con un medico che ha calcolato il peso che potevo perdere, che era una ventina di chili. Perdevo circa 2 chili a settimana e vivevo da eremita, senza una vita sociale e circondandomi di cose di cui Woodroof si sarebbe circondato e ho seguito questo regime. Però, per la perdita di potenza dal collo in giù, ne guadagnavo altrettanta dal collo in su. Mi svegliavo ogni giorno alle 4 e avevo una carica ed un’ energia della mente molto alta. La mente diventa come un uccellino affamato all’interno del nido che si consuma“.
Dalla prima parte della sua carriera, McConaughey ha subito una trasformazione che lo ha allontanato dalla commedia e dall’avventura, per dei ruoli più impegnativi e di spessore, da Killer Joe di William Friedkin a Magic Mike di Soderbergh e The Lincoln Lawyer. Interrogato su questo suo cambiamento professionale egli ha dichiarato: “Prima facevo cose che mi piacevano, ma sentivo di volere qualcosa di più. Ho deciso di calibrare il rapporto che avevo con la mia carriera. Se avessi dovuto scegliere tra la vita avventurosa e la carriera, avrei scelto una vita avventurosa e ho cercato di dare una scossa a quest’ultima. Mi arrivavano tante sceneggiature, ma volevo un ruolo che mi spaventasse e mi mettesse alla prova, che mi facesse mancare il terreno sotto i piedi. Ho detto di no a molti progetti, tra commedie e azione e mia moglie mi ha detto ‘stai attento perchè poi magari non ti verrà offerto più niente’. Ma i soldi in banca ne avevo e mi sono permesso questo lusso, è nato il mio primo figlio e mi sono dedicato a lui e per circa un anno non si è mosso niente. Ora invece sono diventato una “buona idea” per alcuni registi, che possono pensarmi in un altro modo. Si tratta non tanto di un re-branding ovvero di un rifacimento del marchio, ma di una cancellazione del marchio. Ora ho superato i 40 anni e tutti gli uomini cominciano ad avere nuove idee e aspettative a questa età e la cosa importante è la famiglia…più ti senti sicuro a casa, più è in grado di volare a allontanarsi da questa“.
In Dallas Buyers Club ha lavorato con Jennifer Gardner e con Jared Leto. “Con gli altri attori non ho avuto molti rapporti. Jennifer già la conoscevo, ma Jared Leto no. Ci siamo incontrati solo dopo aver finito le riprese. Prima non avevamo tempo e non ci interessava chiacchierare. Lui incontrava tutti i giorni Ron e io Rayon. Questo è anche il bello del nostro lavoro, poter vivere in una bolla dove sei qualcun altro“. Il film affronta il tema importante del coinvolgimento delle case farmaceutiche e il problema delle cure alternative in America e, riflettendo sugli effetti di questo su tale problema, McConaughey ha affermato: “Nel 1986 l’Hiv era una patologia che i medici non sapevano come curare. Non avevano alternativa o una soluzione nascosta da qualche parte. La cura poi dell’HIV non era in cima alle priorità e Woodroof ha fatto sentire la sua voce e ha attirato l’attenzione su questo problema. Lui sapeva che c’erano delle medicine aleternative e ha fatto capire che non erano studiate, ma potevano funzionare. Ron ha perso la causa, non è stato il crociato che ha vinto la sua battaglia, ma ha sollevato un po’ di polvere e la pratica dello studio delle medicine per l’HIV ha scalato la pila dei fascicoli da prendere in considerazione. E’ un film d’epoca, ma con una rilevanza attuale che rimane attaccato alla pelle della gente“.