Il concorso internazionale del Biografilm Festival 2015 ha presentato in anteprima El Boton De Nacàr, il suggestivo documentario di Patricio Guzmàn che ha vinto quest’anno alla Berlinale l’Orso d’Argento per la Miglior Sceneggiatura. Un bottone di madreperla incrostato nella ruggine di una rotaia in fondo al mare è quello che rimane di un “desaparecidos” di Villa Grimaldi a Santiago, il centro di detenzione e tortura cileno sotto la dittatura di Pinochet. Guzman sceglie di raccontare il passato doloroso e violento dei popoli del Sud del Cile, dalle origini nei territori della Cordigliera delle Ande, fino allo sterminio da parte dei coloni senza scrupoli.
“Ho impiegato un anno per realizzare questo film e due anni prima per la preparazione. Mi piace fare film molto lentamente, un film ogni 5 anni. Credo che un film rappresenti molte idee quindi bisogna pensarci a lungo. Prima ho fatto un viaggio nella terra del fuoco, la zona delle isole e poi ho riflettuto su come fare il film. Due storie uguale intorno ad un bottone che terminano con la morte e totale desolazione della terra. Non vive nessuno su queste terre, la gente vive in pochi luoghi e il resto del territorio è desolato e vuoto. E’ un territorio meraviglioso ma disabitato. Lì si percepisce il pianeta, si sente la solitudine e si vede tutta la via lattea nel cielo quando non ci sono nuvole” ha raccontato il regista Guzman a Bologna, ricordando i tempi creativi di Terrence Malick, del quale sembra abbracciare anche lo stile narrativo, lasciando spazio alle inquadrature paesaggistiche lente e poetiche, in cui la colonna sonora è l’insieme dei rumori della natura, dalla grandine al soffio del vento e all’incessante impeto delle onde del mare.
Nato in Cile, Patricio Guzman è considerato uno dei registi documentaristi più importanti dell’America Latina che è convinto dell’importanza di un passato da ricordare, a differenza del resto del paese che vuole solo dimenticare ed andare avanti. “In Cile ho sempre un gruppo di collaboratori che vogliono lavorare e raccontare quanto è accaduto. Ma la maggior parte della società cilena non vuole sapere nulla e vogliono dimenticare il passato. Il Cile sta vivendo una realtà strana…c’è un desiderio di progresso economico ma anche un desiderio di dimenticare la storia. E questo porterà ad un altro disastro perché non si può vivere così. C’è infatti un grande movimento studentesco che vuole reinventare il Cile e vedremo cosa accadrà… Fino al ’73-’74 il Cile era forse il paese più democratico di sempre con Allende e quelli prima di lui…una Repubblica decente con delle ingiustizie, ma le cose funzionavano. Il colpo di stato contro Allende è stato un vero disastro e ha portato alla distruzione di un paese e a ben 17 anni di campi di sterminio, una repressione di massa che ha provocato un ulteriore shock. E ci sono molti giovani pronti a realizzare dei film su questa storia”.
Alternando foto, riprese attuali e materiale di repertorio, Guzman realizza un documentario naturalistico che descrive il cambiamento dell’intimità dei cileni di ieri e di oggi di fronte al mare e l’acqua. Un viaggio nella storia e nel decadimento umano ed emotivo di un popolo, vittima di una realtà devastante e carnefice. “Si verifica una decadenza enorme nell’essere umano e una grande disperazione e questo si traduce nell’uccidere un’altra persona. La psicologia di un torturatore è molto complessa, sono persone sconfitte che non sono riuscite a progredire nella vita, non perché non hanno talento o energia vitale…tutti i paesi hanno persone di questo genere e il risultato è stato sempre una guerra, un colpo di stato” ha spiegato Patricio Guzman al pubblico del festival bolognese dedicato ai film e documentari che raccontato storie di vita.