C’è qualcosa di nuovo nel modo in cui Youtopia parla del web e dei social, se confrontato con la quasi totalità dei film italiani sul tema: la tecnologia non sembra essere solo un problema da eliminare, qualcosa che per forza di cosa evidenzia il lato peggiore delle persone che la usano, bensì uno strumento da gestire e controllare, che può essere usato per azioni non particolarmente lodevoli, ma anche risorsa da saper sfruttare per migliorare (e forse anche cambiare) la propria vita.
Non è sicuramente uno sguardo indulgente quello del film di Berardo Carboni, i cui personaggi spesso usano il web per soddisfare le proprie perversioni, ma neanche chiuso sul pregiudizio di una vecchia generazione che la rivoluzione tecnologica l’ha “subita” e non “vissuta”. E c’è sicuramente un’ attenzione nel mostrare le dinamiche che muovono l’universo virtuale nel quale i protagonisti di Youtopia si rifugiano (ad esempio gli mmo online), che non è usuale per un cinema che spesso tratta questi argomenti con approssimazione e mostra queste cose (che fanno parte della quotidianità di molti ragazzi) con superficialità, al solo scopo di confermare la propria tesi sulla loro negatività.
Youtopia: Matilda De Angelis protagonista assoluta
Invece il mondo online, nel quale Matilde (Matilda De Angelis) conoscerà una persona che diventerà importante nella sua vita, non è rappresentato in maniera macchiettistica e volutamente caricaturale. Anzi, le relazioni che la ragazza intrattiene con gli altri avatar sembrano essere addirittura più reali di quelle che costituiscono la sua grigia vita da 18enne che vive con la madre Laura (Donatella Finocchiaro), alcolizzata e senza un lavoro, e con la nonna anziana e malata.
La descrizione manichea dei personaggi (il nevrotico, l’anaffettiva, l’esaurita) sembra appartenere alle scene che si svolgono nella realtà e non a quelle ambientate nell’universo di gioco (che poi non è altro che una realtà filtrata e mediata). Il mondo sgargiante e fantasioso del gioco si contrappone a quello plumbeo di una normalità dai risvolti dolorosi, narrato in chiave melodrammatica, senza però dimenticare gli aspetti grotteschi di una vicenda che vorrebbe essere “realistica”, ma viene proposta al pubblico in chiave quasi surreale.
Youtopia: un film tra realtà e virtuale
Il montaggio di Marco Spoletini rende in maniera sempre interessante e sapiente le transizioni tra il mondo virtuale e quello reale, a dimostrazione della cura riposta anche negli aspetti visivi del film e non solo nello sviluppo della trama (sempre più spesso nel cinema italiano ciò che si vuole dire diviene più importante di come lo si riesce a dire). Ad affaticare la narrazione, semmai, c’è invece una certa difficoltà ad inseguire il giusto ritmo.
Così Youtopia, specie nelle scene di vita ordinaria, raggiunge una staticità (ed in alcuni casi prolissità) non accettabile in un film che vorrebbe adottare una modalità di racconto non lineare e volutamente frammentata. Spesso la sceneggiatura impiega più tempo del dovuto a raggiungere un determinato snodo nella trama, però si tratta di errori perdonabili in un lavoro che cerca in ogni caso di seguire una strada differente da quella solita. Non riuscendoci sempre, ma provandoci con determinazione e con la giusta dose di ambizione.