Padiglione Italia a Palazzo Venezia. La Biennale sbarca a Roma

È cosa risaputa che quando c’è di mezzo Vittorio Sgarbi nulla è normale. Ma quest’anno il Padiglione Italia alla 54° esposizione d’arte della Biennale di Venezia, di cui il telecritico è curatore, ha assunto una valenza particolare, acquisendo un valore nazionale dal momento che all’esposizione veneziana potranno partecipare tutte le regioni italiane, esponendo i propri artisti più rappresentativi. L’idea di Sgarbi è tracciare una storia dell’arte contemporanea del nostro Paese in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Far capire e comprendere la situazione dell’arte ripercorrendola regione per regione, in un viaggio che va dalla Sardegna, la prima ad inaugurare al MASEDU il 10 giugno, al Friuli Venezia Giulia.

Altra grande novità voluta da Sgarbi è “il coinvolgimento di quel mondo ricco e stimolante rappresentato da esperti di tutti i rami dello scibile in cui si dipana la vita intellettuale – uomini di pensiero, scrittori, poeti, registi, personalità del mondo dell’arte e delle professioni – e non esclusivamente, come nel passato, dei promotori abituali dell’arte contemporanea” come afferma il Presidente della Fondazione Roma Emmanuele F.M. Emanuele, che ha selezionato e proposto quattordici degli artisti esposti a Roma. Il Lazio ha sicuramente assunto la funzione di traino tra le regioni, presentando cento artisti del territorio locale. Ormai dal 24 giugno fino al 22 settembre, l’incantevole scenario del Palazzo Venezia di Roma ospita l’esposizione curata da Vittorio Sgarbi.

La mostra si apre con la Chimera (2009) di Patrick Alò, un assemblaggio di parti ferrose riusate che rimanda alla tecnica di Ettore Colla, è una rievocazione del famoso bronzo etrusco realizzato tra il V e il IV secolo a.C., colta nel momento di massimo dinamismo sul punto di sputare fuoco dalle fauci, divenendo il simbolo di una promessa di vita. Tra passato e futuro, antico e moderno, l’istallazione di Benedetto Marcucci Treccani Sott’olio (2010) è un’opera am- bigua, dal doppio significato. Da una parte l’enciclopedia tradizionale in crisi, surclassata da Wikipedia. Dall’altra una reliquia da conservare.

Tra reliquie e simboli, il neo-pop Stefano Mezzaroma propone Don’t look at me (2008, nella foto accanto), una tecnica mista che riproduce il Mike Tyson dei tempi migliori, quello coi guantoni alle mani. Queste sono solo alcune delle opere in mostra a Palazzo Venezia. Di tremila artisti esa- minati, solo milleduecento sono stati selezionati. Il pubblico potrà apprezzare, quindi, gli artisti più importanti della propria regione. Ma soprattutto potrà farsi un’idea di quella che è l’arte contemporanea italiana oggi. A metà strada tra la reminiscenza dell’arte “rivoluzionaria” degli anni ’50 e ’60 e l’innovazione del contenuto con un occhio alla realtà dei nostri giorni. Non mancano le critiche rivolte a Sgarbi per la scelta di estromettere i curatori d’elite dal padiglione, ma il critico le ha rimandate al mittente, primo tra tutti Achille Bonito Oliva, affermando che era sua intenzione dar vita ad un Padiglio- ne che non fosse riservato solo ai pochi intenditori d’arte bensì che fosse aperto a tutti. Ma visto il basso numero di visitatori c’è da chiedersi se l’obiettivo è stato raggiunto veramente. Nonostante tutto, è degna di nota l’iniziativa di ideare un Padiglione nazionale che consentisse di portare nelle “case” di ogni regione la possibilità di poter approfondire il patrimonio artistico della propria regione che è poi il patrimonio della propria nazione.