Durante la settima edizione di Rendez-vous, nuovo cinema francese abbiamo incontrato Olivier Assayas, l’autore di Personal Shopper, il dramma dalle sfumature soprannaturali con Kristen Stewart.
Premiato per la regia durante l’ultima edizione del Festival di Cannes, il film racconta la storia di Maureen (Kristen Stewart), una ragazza che ha il dono di comunicare con gli spiriti. Perseguitata da una serie di messaggi, Maureen cerca un contatto con l’aldilà per superare la perdita del fratello gemello Lewis.
Dopo Diane Kruger, Louis Garrel e Mia Hansen-Løve, Rendez-vous illumina la capitale con lo straordinario talento di Assayas, l’autore di Clean, Ore d’estate e Sils Maria. Un regista poetico che, con il suo italiano impeccabile, ci ha svelato tantissime curiosità su Personal Shopper, nei cinema italiani il 13 aprile 2017:
Come è riuscito a dare una forma cinematografica al silenzio?
Nel film affronto l’affascinante relazione tra il cinema e l’invisibile, tra quello che si vede e quello che non si vede. La questione è sul silenzio e quello che accade nel silenzio. Non ci sono molti dialoghi. L’aspetto più forte della storia è la solitudine di Maureen.
Come ha scelto i vestiti di Maureen?
Le gonne sono simili a quelle che avevo descritto nella sceneggiatura. Il resto è merito di Kristen Stewart! Lascio scegliere agli attori come vestirsi. Il lavoro dell’attore passa attraverso la scelta dei costumi. Ovviamente dico quello che mi piace oppure no. È fondamentale che l’attore si senta a suo agio nel personaggio.
Come ha costruito la sequenza del viaggio di Maureen?
Mi piace l’energia del movimento. A volte ho l’impressione di lavorare come un poeta. Volevo rappresentare una lunga conversazione attraverso iMessage e mi interessavano i due livelli d’azione: il lavoro e il viaggio che crea la sensazione del movimento.
Maureen vive attraverso la tecnologia ma è sola. È una critica alla modernità?
È piuttosto una osservazione della modernità. Quando hai un dialogo tra due protagonisti non hai bisogno di utilizzare i mezzi di comunicazione. Quando il personaggio è solo come Maureen ha una relazione speciale con lo smartphone perché è il suo unico modo di comunicare.
Perché ha deciso di intitolare questa ghost story Personal Shopper?
Mi piace il titolo perché esprime la stupidità del lavoro di Maureen. La protagonista fa un lavoro alienante che non le dà soddisfazione. Tante persone sofisticate fanno dei lavori che non corrispondono alle loro aspirazioni. Mi interessava presentare il film attraverso una donna che fa un lavoro che non può essere interessante. Volevo creare un’identificazione con il personaggio della storia.
Che cosa l’ha ispirata?
La mia ispirazione è un fatto misterioso. Mi siedo e inizio a scrivere ma non so dove mi porterà il processo creativo. Mi affascina l’idea di seduzione. Il personaggio di Maureen è attratto da una presenza di cui non sa nulla! La brevità dei messaggi fa sì che ogni parola sia caricata di senso. Più va avanti il processo di seduzione più c’è brutalità.
Quale sarà il futuro della comunicazione sul grande schermo?
Preferisco girare delle scene di dialogo ma più la comunicazione diventa complessa più è interessante da esplorare. Pochi film indagano questa dimensione della nostra vita!
Come fa a conoscere così bene l’italiano?
Mio padre era di origine italiana, di Milano. L’ho imparato venendo in Italia.
La settima edizione di Rendez-vous, il festival esclusivo dedicato al cinema francese, si tiene a Roma dal 5 al 9 aprile 2017.