Venezia 77 | Pieces of a Woman | il primo film internazionale di Mundruczó non trova la giusta forza

Kornél Mundruczó, regista e sceneggiatore ungherese, già vincitore al Festival di Cannes nel 2014 del premio Un Certain Regard con White God – Sinfonia per Hagen, originalissimo lungometraggio distopico raccontato dal punto di vista di un cane, approda (dopo il folle Una luna chiamata Europa, kolossal sovrannaturale a bassissimo budget) alla 77esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con il suo primo film “internazionale”. Pieces of a Woman con Vanessa Kirby e Shia Labeouf è un intenso dramma famigliare, che però non riesce mai a trovare la giusta forza. 

Pieces of a Woman | le conseguenze di un trauma

Il nuovo film di Mundruczó comincia con un incredibile piano sequenza di venticinque minuti che mette lo spettatore al fianco della protagonista interpretata da Vanessa Kirby durante un complicato parto domestico dalle infauste conseguenze. È tale il coinvolgimento emotivo in quella prima sequenza, che quasi non ci si accorge del virtuosismo, grazie anche alla scelta del regista ungherese di non rimarcarlo mai eccessivamente per renderlo evidente in ogni momento. Quella che sembra quindi inizialmente una scelta forte, rinunciare alla semplicità della messa in scena che spesso i kammerspiel impongono, si rivela con il passare del tempo come la necessità di dare carica elettrica ad una narrazione che, come spesso avviene nei film che ruotano attorno ad uno stallo emotivo, ritorna sempre più spesso sugli stessi punti, cerando di dare un senso all’ossessione della ridondanza e della ripetitività di gesti e atteggiamenti. Pieces of a Woman riesce in questo difficile compito solo in pochissimi momenti, quando Mundruczó centra l’immagine giusta.

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Vanessa Kirby e Shia Labeouf

Pieces of a Woman sembra inoltre fare troppo affidamento sui propri attori protagonisti che, per quanto bravi e volenterosi, non sono in grado di offrire quella rabbia e quella potenza di cui ilm film avrebbe disperatamente bisogno. Sono invece paradossalmente tutti i personaggi secondari, quelli che ruotano attorno a loro, a fornire ai due sceneggiatori (il film è scritto da Mundruczó con la compagna Kata Weber, co-autrice a tutti gli effetti, tanto da essere citata come tale nei titoli di testa) la possibilità di mettere in scena il proprio disprezzo nei confronti di una umanità che cavalca il dispiacere altrui, fomenta la rabbia e la frustrazione di chi si trova in difficoltà ed è convinta di poter giudicare ogni cosa con cognizione di causa e parole giuste.

È infatti la madre di lei, interpretata da Ellen Burstyn, ad essere il vero catalizzatore di quel livore che sembra muovere ogni azione dei personaggi di contorno, quelli che, pur non avendo vissuto in prima persona la vicenda, si sentono in dovere di indicare alla coppia la strada per emergere dal tracollo psicologico cui conduce la perdita di un figlio. 

In attesa di un colpo di coda

Dopo un incipit così sconvolgente, e consapevoli delle qualità del cineasta ungherese, si aspetta fino alla fine un colpo di coda che dia un senso ultimo al racconto, che imponga uno sguardo davvero inedito su di una storia già raccontata tantissime volte nello stesso modo. Purtroppo Pieces of a Woman deluderà queste aspettative, non riuscendo mai a trasformare le tante piccole fiammate che squarciano la narrazione in un rogo imponente e totalizzante. 

Venezia 77 | Pieces of a Woman | il primo film internazionale di Mundruczó non trova la giusta forza
3.0 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora