Pretty Woman | I 30 anni del cult che ci ha fatto sognare

Trent’anni e non sentirli. Il 23 marzo del 1990 usciva nelle sale d’Oltreoceano (in quelle italiane sarebbe arrivato nei mesi estivi) un cult per eccellenza del cinema romantico, capace di far sognare milioni di spettatrici e, perché no, anche di spettatori: un pubblico eterogeneo di eterni sognatori che ha sempre voluto, e continua ancora oggi, credere negli amori impossibili, capaci di scavalcare ogni ostacolo e barriera sociale.

L’incasso stratosferico, con oltre 450 milioni di dollari guadagnati ai botteghini worldwide, e i molteplici passaggi televisivi confermano quanto Pretty Woman sia ormai radicato nell’immaginario comune, sia delle platee cinefile che generaliste, e il charme e l’alchimia emanati dai protagonisti Richard Gere e Julia Roberts nel corso delle due ore di visione hanno un qualcosa di unico mai pareggiato dai futuri emuli.

La storia di Pretty Woman

richard gere e julia roberts
Richard Gere e Julia Roberts

La love-story tra Edward Lewis, ricco uomo d’affari da poco lasciato dalla sua fidanzata, e la prostituta Vivian Ward, ripercorre in una sorta di moderno aggiornamento quella tra il principe delle fiabe e la sfortunata Cenerentola. Il primo incontro, del tutto fortuito, sulla Hollywood Boulevard, sarà solo l’inizio di un complesso intreccio sentimentale che, pur muovendosi su step base lineari, si ammanta di interessanti sfumature nel corso del racconto. Il ruolo iniziale di “finta fidanzata” a pagamento, dapprima determinato da un reciproco interesse – d’immagine per lui, economico per lei – si evolve in un legame sincero e sempre più appassionato nel quale l’amore, quello più puro e libero da vincoli imposti, è destinato a fare capolino.

Leggi anche: Erin Brockovich compie 20 anni | Perchè rivedere il film con Julia Roberts

Pretty Woman | Amabile e leggero

La leggerezza, seppur non priva di sfumature più amare, è uno dei punti di forza di Pretty Woman, capace di rendere irresistibili gag e battute che hanno luogo nel corso dei “turbolenti” eventi. Ma in origine la vicenda era stata pensata in maniera molto più drammatica, con la tematica della dipendenza dalle droghe quale preponderante schema narrativo: solo l’intervento della produttrice esecutiva Laura Ziskin ha fatto sì che la sceneggiatura si snellisse nella forma che tutti abbiamo imparato ad apprezzare.

E d’altronde proprio l’approccio spensierato adottato è l’ideale per esaltare al meglio tutto il fascino frizzantino di Julia Roberts, scelta dopo vari rifiuti eccellenti (Meg Ryan e Michelle Pfeiffer, tra le tante attrici che declinarono l’offerta) e che con la sua magnifica interpretazione ha ottenuto un successo planetario, ricevendo anche un meritatissimo Golden Globe e una candidatura, senza vittoria, ai premi Oscar.

julia roberts
Julia Roberts

E se Richard Gere, anch’esso – paradossalmente – seconda scelta, è la perfetta controparte maschile, elegante e all’apice di quel sex-appeal che ancor oggi manda in brodo di giuggiole milioni di fan femminili, un elemento fondamentale di Pretty Woman è indubbiamente la colonna sonora: dalla canzone che ha ispirato il titolo della pellicola, ossia la leggendaria Oh, Pretty Woman di Roy Orbison, a classici come Kiss di Prince (intonato dalla Roberts nella celeberrima scena della vasca) fino ad arrivare ad estratti di musica classica come dalla Traviata di Verdi, l’accompagnamento si ibrida uniformemente alle immagini, sottolineando i diversi stati emotivi con una rara armonia di intenti.

Ricco di momenti divertenti e altri più intensi e piacevolmente tormentati, il film del compianto Garry Marshall – mai in carriera così ispirato come in quest’occasione – ha fatto la storia del cinema d’intrattenimento e di massa, non invecchiando di un giorno nella sua spontanea e coinvolgente messa in scena.