Il Biografilm Festival è una di quelle realtà che ci riserva sempre delle piacevoli sorprese. Mi spiego meglio. Questo festival dedicato alla vita prevede, ogni anno, film in anteprima e documentari curiosi ed interessanti che ci presentano personaggi illustri o gente comune che, in un modo o nell’altro, ha qualcosa da dire. Nel corso delle varie edizioni abbiamo avuto modo di conoscere delle realtà fino a quel momento ignote, che poi si sono rivelate affascinanti e quasi ipnotiche. Chi avrebbe mai saputo dell’esistenza del Principe e della sua amata Contessa, vere e proprie istituzioni della spiaggia di Capocotta nei dintorni di Roma?
Il festival emiliano ha presentato in anteprima Il Principe di Ostia Bronx, un documentario realizzato da Raffaele Passerini che ci racconta la storia di due anti-eroi moderni tra diario e sogno, portandoci per mano in un immaginario eccentrico, surreale, ma anche nostalgico e malinconico che non può lasciare indifferenti. Dario Galetti Magnani, detto il Principe, ha trasformato la spiaggia di Ostia in un palcoscenico dove si esibisce con monologhi sulla società e il periodo storico attuale accompagnati da musica di vario genere, vestendo look colorati ed estrosi, mentre i bagnanti lo ascoltano da lontano, in parte stregati e in parte diffidenti. Lo accompagna Maury, soprannominato La Contessa, un artista incompreso con il sogno di fare l’attore, che improvvisa performance teatrali sulla spiaggia, forte di un ricco bagaglio culturale. Passerini ci presenta questi due personaggi umili e sognatori, passando dalla spiaggia alla casa di Dario, una dimora preziosi di ricordi, passioni, delusioni e desideri.
Il Principe di Ostia Bronx ha vinto il LifeTales Award | Biografilm Italia 2017 assegnato al più travolgente racconto biografico del concorso Biografilm Italia con la seguente motivazione: “Dal palcoscenico della spiaggia di Capocotta, un film originale che con il suo intimo approccio racconta una storia d’amore ai margini, due personaggi che ricercano la felicità in un mondo che non li riconosce. Un film che ha la capacità di andare oltre gli stereotipi, creando empatia con lo spettatore e regalandoci uno sguardo appassionato sul contemporaneo”.
“Tutti dobbiamo essere un po’ matti, la normalità è patologica!” ha risposto il Principe ad una signora che, visibilmente commossa, ha voluto fare dei sinceri complimenti a tutta la squadra nei luoghi del festival, testimoniando la natura di un documentario emozionante che coinvolge lo spettatore con un mix di ironia, malinconia e follia. Abbiamo avuto il piacere di incontrare Passerini e i due protagonisti che ci hanno raccontato alcune curiosità sulla loro vita e su questo interessante progetto.
Da dove è nata l’idea e dove li hai conosciuti?
Raffaele Passerini: Erano due attori che performavano in spiaggia aspettando il loro regista, anche se avevano già fatto loro stessi delle riprese, sperimentano molto con filmini, fotografie e altro. Non vivevo a Roma in quel periodo, ma ero andato lì per lavoro nel 2001 a trovare degli amici e loro già erano molto conosciuti in quella zona di Ostia. Come gli altri quindi io me li gustavo quando andavo a Capocotta nel weekend. Poi ho conosciuto Dario che era quello che si esponeva di più e pensavo: Beh, simpatico, bravissimo, a volte geniale, a volte sto dormendo non mi svegliare, mentre passava in mezzo ai bagnanti urlando, facendo il matto…
Ho vissuto negli Stati Uniti per otto anni e penso che quell’esperienza mi abbia cambiato lo sguardo. Una volta sono arrivato lì al tramonto e ho visto Maury che stava provando qualcosa con dei costumi come se stesse andando in scena. Stava facendo “l’esercizio della cipolla”, cioè entrare e uscire nel personaggio attraverso gli abiti e ho detto: ‘Ok, allora sono due attori, non solo due esibizionisti! E così sono andato da loro chiedendogli di fare un film su di loro’ Sono sbiancati.
Cosa avete pensato quando vi è stata fatta questa proposta?
Dario: Beh, diciamo che i selfie, i video, le foto con la gente che ti chiede che fai, che musica ascolti etc…ero abituato a farli fuori dai locali la sera o in spiaggia, ma fare un film è capitato così come un fulmine a ciel sereno. Quindi dapprima pensavo che fosse uno scherzo, nel senso di un filmino, un cortometraggio, quindi l’ho presa con leggerezza, perché in fondo penso che la vita è così, non sai mai quello che ti aspetta, in questo caso in positivo. Io sono un autodidatta in tutto.
Maury: Lui è un attore, sviluppa un suo mondo interiore, ed è naif e anarchico assolutamente, quindi rimane se stesso a tutti i livelli ed è una cosa importante. Io invece mi distruggo e mi ricreo, restando sempre me stesso.
Come è stato lavorare con loro e come ti sei organizzato per fare questo film nel film?
Raffaele Passerini: Sì, l’intento era fare un film di due attori che a loro volta girano un loro film. Ma volevo in un certo senso fare anche un omaggio al teatro e al cinema. Ma è stato facile perché la bravura di un attore per me è la capacità di mettersi a nudo, non solo su una spiaggia, ma con la capacità di scoprirsi e lasciarsi conoscere per creare un livello di intimità con il pubblico molto alto. La scelta quindi è stata proprio non fare un film su Capocotta, ma sul nostro rapporto nel fare questo film.
Anche per impedimenti tecnici obiettivi, ci siamo studiati, conosciuti e abbiamo cominciato a fare delle cose che vedevamo che funzionavano. Ci siamo divertiti e io ho passato una delle estati più belle della mia vita. E penso che questo divertimento arrivi, è nato come un gioco ma è diventato una cosa seria. Ho cercato di girare il film in modo che fossimo sempre intimi noi tre ed io fossi il pubblico, come se i bagnanti si fossero alzati dal loro asciugamano guardandoli da lontano e si fossero avvicinati per chiedergli: “Mi racconti chi sei?” Uno sguardo esterno che diventa intimo io volevo moltiplicarlo attraverso il cinema astenendomi dal giudizio.
Quindi è venuto fuori un film destrutturato, perché la storia si racconta vivendola, non c’è un plot o una struttura in tre atti perché si tratta di un percorso conoscitivo degli attori. Chi ha voglia di lasciarsi andare in questo viaggio vive l’esperienza, altrimenti pazienza. Ho girato per più di tre settimane in HD e poi Maury mi ha dato alcuni suoi hard disk con del girato e mi sono trovato uno scrigno di materiale di repertorio di 10 anni che loro hanno girato con uno stile di ripresa anche simile al mio, quindi grazie al montaggio di Paola Freddi che ha fatto un ottimo lavoro nel dare il battito cardiaco a questo lavoro.
Maury: Avevo il computer pieno di video, perché a me piaceva girare anche se Dario mi diceva sempre lascia perdere. Raffaele mi ha chiesto il materiale e quindi, anche se in un primo momento non volevo darglielo perché erano cose che facevo per me, studiando il trucco e il look, i movimenti della bocca etc… alla fine ho ceduto.
Dalla spiaggia si passa ad un’esplorazione di una casa così particolare. Come è stato avventurarsi in quelle stanze che raccontato una vita?
Raffaele Passerini: Dopo averli visti qualche volta in spiaggia Dario mi ha invitato a casa sua e Maury mi ha detto: ‘Raffaele tieni presente che è un posto molto particolare ma sono sicuro che lo amerai’. Poi mi ha chiamato dopo un po’ chiedendomi se fossi già andato e mi ha ripetuto: ‘è un posto particolare, molto speciale, ma sono sicuro che lo amerai perché hai la sensibilità giusta’. Poi Dario mi ha aperto la porta il giorno dopo e mi ha detto: ‘Benvenuto nel mio mondo!’ Mi è mancato il respiro e appena ha chiuso la porta sono cominciate le danze perché lui aveva voglia di raccontarsi. Ogni angolo era un pezzo di vita con uno stile misto dark, pop e anche punk che hanno influito sullo stile del film e mi ha ispirato permettendomi di appropriarmi del loro stile.
Sembra anche molto vintage con tanti oggetti del passato, come la cinepresa con la pellicola e altro?
Dario: Io credo che gli anni ’70 sono stati un periodo massimo di rottura degli schemi, rivoluzioni femministe, giovanili. E credo che se noi adesso siamo qui e possiamo vestirci in questo modo e fare quello che facciamo lo dobbiamo anche ai nostri predecessori. C’è stato il periodo stragista, per esempio Bologna da questo punto di vista è un ambiente molto caldo e quindi sono grato a chi mi ha preceduto e mi piacerebbe poter proseguire un discorso che qualcuno dice che è stato dimenticato, perché l’omologazione di una società di oggi che ti dice “se tu sei te stesso e fai quello che ti passa per la testa sei considerato matto” ma chi lo ha detto?! Questa è una barricata che non ci permette di esprimerci e io ho dovuto anche fare a botte idealmente, fisicamente, e mettere in gioco la pelle per poter dire che questo mondo può esistere anche nel 2017-2018. Per la gente sei scomodo, ma se hai un fuoco dentro non puoi smorzarlo. C’è chi si ferma in un certo momento, ma io no, devo assolutamente essere me stesso.
Maury: Io ho cominciato come attore classico, volevo diventare come Gassman, ho studiato molto ma poi ho incontrato tutti matti e quindi ho distrutto me stesso e ho cominciato a fare questo. Spero che continuerà questo nostro percorso.
Dario: Bisogna tenere i piedi per terra. La vita è come il film Il Sorpasso, nel senso che quando due come noi fanno un’esperienza come questo film che ci fa fare un bel sorpasso, bisogna sempre fermarsi in tempo per non rischiare di cadere nel burrone. L’umiltà è la cosa più importante. Ho visto ragazzi feriti per strada, che sognavano di fare il cinema.
Quindi meglio non diventare famosi?
Dario: Io non so cosa vuol dire essere famosi, ma certo bisogna anche non buttare via un’occasione che ti si presenta. Se una limousine viene sotto casa mia e mi dice sali, ci salgo, ma sono umilmente determinato ad essere una persona normale.
Maury: E’ bello far sognare. Io leggo e studio il mondo intorno a me, poi creo uno stile e lo fermo in un mondo mio. L’attore cerca un mondo invisibile e lo rende visibile agli altri. Però molte persone hanno perso la loro principale attrazione per il teatro.
Nella vita come vi mantenete?
Maury: Lui non compra niente, io faccio altrettanto ma mi sento un po’ un eroe perché ho lasciato tutto per avere questo. O spero che succeda qualcosa di buono o andrò a marcire in una tomba.
Dario: Oltre la passione per l’arte, il divertimento e stare tra la gente quando capita faccio dei lavoretti e metto da parte, come volantinaggio, dicono che sono molto tirato ma io voglio solo essere pronto in caso arrivassero tempi difficili.
Raffaele Passerini: Io credo che questo mio lavoro rifletta anche sulla sostenibilità dell’arte, nel senso fino a che punto siamo disposti a spingerci per fare quello che vogliamo fare. Loro sono un Principe e una Contessa perché hanno una dignità artistica e una poetica forte e, conoscendoli da due anni, so che vivono con pochissimo, non hanno la macchina, il telefonino, o l’abbigliamento di un certo tipo. Hanno la casa di proprietà e decidono di investire il tempo facendo quello che vogliono come altre persone a Roma, per una questione di sopravvivenza dello spirito. Non è una scelta eroica o un modello, ma hanno fatto delle scelte che io ho rispettato.
Come mai stai riprendendo questo incontro con la stampa e l’esperienza al Biografilm?
Raffaele Passerini: Vorremmo far incontrare a loro altro pubblico dopo quello della spiaggia, quello del cinema e quindi vorremmo fare una chiusa del film in cui questo nuovo pubblico viene raggiunto grazie alla loro perseveranza che mi ha attratto oltre il loro mestiere. Quindi abbiamo fatto delle riprese del viaggio, della scoperta dell’annuncio del film al festival, cosicché questa esperienza finisca con un primo passo verso un pubblico nuovo. L’affetto è stato tanto.
Nel film dite spesso chissà chi lo vedrà questo film? Ora che siete al Biografilm cosa provate?
Dario: Rimani basito, non ci credi fino a quando ti svegli.
Maury: Lui ancora non ci crede, pensa che temeva anche di non essere nel film.
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