Quel fantastico peggior anno della mia vita, la recensione della rivelazione del Sundance

In uscita giovedì 3 dicembre nelle sale italiane, Quel fantastico peggior anno della mia vita (adattamento italiano del ben più provocatorio titolo originale Me & Earl & the dying girl) è la seconda opera del giovane regista statunitense Alfonso Gomez-Rejon, basata sull’omonimo romanzo di Jesse Andrews, che si è occupato anche della sceneggiatura, già trionfatrice alla passata edizione del Sundance Festival. La vicenda narrata ruota attorno a due affiatati amici con la passione per il cinema che, per una serie più o meno fortuita di eventi, entrano in contatto con la loro coetanea Rachel, gravemente malata di cancro. Un incontro nato per caso, quasi per costrizione, finisce per trasformarsi in una appassionata ed avvincente amicizia, sapientemente raccontata attraverso la macchina da presa di Rejon.

Nonostante il pericolo di poter cadere nello stucchevole melodramma che si arrende a facili pietismi, la brillante e sapiente sceneggiatura di Jesse Andrews riesce nel compito di divertire e stuzzicare lo spettatore grazie a personaggi vividi e credibili e a sempre adeguati tempi comici. La pesantezza di un argomento così difficile e delicato viene quindi stemperata dalla travolgente carica vitale e artistica che caratterizza i tre giovani protagonisti, sempre capaci di strappare un sorriso con le loro battute e le loro frecciatine. I dialoghi, studiati e intelligenti, trasformano persino la tragedia della malattia in un motivo di ironia e sorriso, senza mai scadere in momenti inopportuni o di cattivo gusto. Pur considerando la generale freschezza e leggerezza alla Michel Gondry, il film non risparmia momenti di genuina commozione, in cui lo spettatore, ormai empaticamente coinvolto nelle vicende della comitiva, non può far altro che assistere inerme all’inesorabile corso della malattia.

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Il cineasta gioca con i propri spettatori in una divertente operazione di destrutturazione, in cui i cliché classici del genere vengono completamente ribaltati e apertamente derisi. Dove ci si aspetta romanticismo, si trova distaccato cinismo, dove lacrime e sospiri, risate e sorrisi. Ma sarebbe difficile, oltre che riduttivo, parlare di Quel fantastico peggior anno della mia vita come la semplice storia di una ragazza malata e dei suoi improbabili amici, in quanto gli argomenti trattati sorprendono per varietà e profondità. Dal rapporto coi genitori ai primi amori, passando per il centrale tema dell’amicizia, inquadrata nel suo aspetto più intimo, non idealisticamente inossidabile ma realisticamente fragile e fallace. Ma non solo, tanti sono i riferimenti alla cultura pop del nostro periodo, dal cinema al fumetto, in una sapiente analisi sociologica sulle nuove generazioni, con le loro virtù e i loro marcati difetti. La coppia di amici, interpretati in maniera egregia dai due giovani Thomas Mann e RJ Cyler, sono infatti appassionati e curiosi cinefili, sempre attivi con la loro videocamera amatoriale per ricreare divertenti e creative parodie cinematografiche, da A sockwork orange a Brew Vervet. Ma come se tutto ciò non bastasse, Alfonso Gomez-Rejon mette a frutto le tante esperienze accumulate nel corso degli anni al fianco di mostri sacri quali Martin Scorsese e Iñárritu, per confezionare una pellicola meravigliosa nel suo aspetto prettamente visivo, con colorati e sempre artisticamente ispirati campi lunghi, che richiamano da vicino i migliori lavori di Wes Anderson. Ma lo stesso ambiente, i pittoreschi quartieri residenziali narrati dal film, prendono vita grazie alla splendida colonna sonora di Brian Eno, ideatore proprio di quella ambient music che trasformò lo spazio in strumento musicale. La voce calda e accogliente sulle note dei brani di Another green world, insieme alle suggestive distonie musicali dei suoi primi album, costituiscono il perfetto sottofondo per una pellicola elegante e raffinata, intelligente ma accessibile a tutti.

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