Reduce dall’incredibile successo di pubblico e di critica per Gomorra, film vincitore del Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes, vincitore del premio per il Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Attore, Miglior Sceneggiatura, Miglior Fotografia agli European Film Awards, candidato italiano per il Miglior Film Straniero agli Oscar, ai Golden Globes, ai Bafta e ai Cesars, Matteo Garrone torna al cinema con un nuovo straordinario film, Reality. Presentato all’ultimo Festival di Cannes, dove ha conquistato il Grand Prix della Giuria, Reality è un film duro, drammatico, di incredibile crudezza e forza. Matteo Garrone lo ha presentato oggi, durante la conferenza stampa svoltasi alla Casa del Cinema di Roma, insieme al cast, composto da Aniello Arena, Loredana Simioli, Nando Paone, Graziella Marina, Nello Iorio, Nunzia Schiano, Rosaria D’Urso, Giuseppina Cervizzi, Raffaele Ferrante, oltre a Domenico Procacci, il produttore per Fandango, e Maurizio Braucci, Ugo Chiti, Massimo Gaudioso, gli sceneggiatori insieme allo stesso regista.
Quanto deve il suo film ad una pellicola come Bellissimadi Visconti? Come è cambiata la popolarità?Matteo Garrone: Bellissima è uno dei film di riferimento per Reality e credo sia molto vicino all’atmosfera di Eduardo De Filippo, della commedia all’italiana e del cinema prestigioso degli anni ’50 e ’60. La storia ce lo consentiva e insieme agli autori abbiamo cercato di raccontare i fatti dall’interno senza prenderci gioco dei personaggi, ma cercando di toccare dei sentimenti. C’è questo sentimento di evasione dalla propria realtà per inseguire un sogno che diviene un contagio. Il rapporto con la TV non è legato solo all’apparire ma anche all’esistere: per molti apparire in TV significa esistere. Il film affronta un problema esistenziale e non narcisistico, non c’è l’ intento di fare un discorso moralistico. Questi modelli sono legati alla società dei consumi.Nella seconda parte del film c’è un cambiamento di recitazione da parte di Aniello Arena, nel ruolo del protagonista Luciano, il pescivendolo pronto a qualsiasi cosa pur di realizzare il suo sogno di entrare nella Casa del Grande Fratello. Come siete giunti a questo?Matteo Garrone:è stato un percorso, un viaggio con l’attore. Questo viaggio mi consente di sentire come l’attore vive questo percorso. Con Arena ho cercato di entrare in empatia sul modo in cui lui viveva questi passaggi del proprio personaggio.Aniello Arena: io lavoro da anni in teatro con la Compagnia della Fortezza, sotto la guida del regista Armando Punzo. Arrivavo sul set, Matteo parlava e cercavamo di trovare la giusta emotività al personaggio. A mano a mano cercavamo di far crescere il personaggio. Loredana Simioli: questo personaggio di Maria, la moglie di Luciano, è lontana da Loredana perché Maria ha tanto cuore, mentre Loredana ha tanta mente. Nando Paone: è stata la prima volta che ho lavorato in sequenza e, collaborando con il regista, si sono cercate le emozioni, i sentimenti, la crescita del personaggio. È stata una bellissima esperienza. Matteo Garrone: è un film che vive della coralità. Volevo sottolineare il lavoro del gruppo, della famiglia perché funziona da detonatore per l’esplosione del personaggio di Luciano.Trovo che questo film possa essere molto utile per i giovani. La distribuzione è pensata anche per le scuole e per una programmazione mattutina?Domenico Procacci: la distribuzione pensata per le scuole credo che verrà attuata. Matteo, come sei arrivato alla scelta di Aniello per il ruolo di protagonista? Dicevi che tu stesso rischi di essere soggetto a queste chimere della popolarità ma credo che siano soggette a questo tipo di rischi soprattutto le persone di diversa cultura. Che cosa intendevi, dunque?Matteo Garrone: Non credo che l’illusione della popolarità possa dipendere dalla cultura. Per quanto riguarda la scelta di Aniello, essa dipende dal fatto che mio padre era un critico teatrale e, andando con lui a teatro, una delle nostre compagnie preferite era proprio quella diretta da Punzo, ossia la Compagnia della Fortezza, di cui Aniello è un componente da dodici anni.Come hai fatto a scrollarti di dosso il calderone di Gomorra e ad aver avuto una nuova lucidità per creare un film come Reality?Matteo Garrone: Erano anni che subivo il peso e la pressione di Gomorra e volevo ritrovare il piacere del divertimento. Parlando con Massimo Gaudioso, co-autore con me del film, mi sono entusiasmato ancora di più. Così, questo film che doveva essere una piccola storia è divenuta un romanzo. Sapevamo che dovesse essere un film corale. Era importantissimo riuscire a creare un giusto equilibrio tra comico e drammatico senza cadere nel grottesco. Si è creata subito un’alchimia nel gruppo, erano una famiglia nel film e tuttora, anche lontano dal set, lo sono. Forse fare il regista significa anche avere la capacità di creare il gruppo. Il cinema è un’arte collettiva.Aniello, come hai visto il tuo personaggio? Come ci sei entrato dentro? Come lo hai vissuto? Che tipo di rapporto hai con la Tv e con i reality?Aniello Arena: il personaggio di Luciano, nella sua veste simpatica e allegra, mi appartiene anche nella vita. Andando avanti sentivo sempre più mio il personaggio e cercavo di farlo crescere dentro di me. In carcere c’è solo la televisione ma io mi dedico al teatro. Non sono un amante dei reality, inizialmente ho seguito il Grande Fratello perché era una novità poi ho smesso.Matteo, vorrei sapere come mai hai detto di no alle proposte per film su gangster e malavita che ti sono giunte dopo Gomorra? Perché hai deciso di restare in Italia e dire di no?Matteo Garrone: dopo Gomorra per me era importante cambiare genere e ritrovare una certa libertà e una certa leggerezza. Un regista ha mille seduzioni, come Hollywood e Los Angeles, ma questo è un film che sono stato felicissimo di aver fatto. Aniello, che tipo di rapporto si instaura in carcere tra chi fa arte e teatro e chi resta come duro e puro?Aniello Arena: posso dire che, avvicinandomi all’arte e al teatro, mi sono formato e ciò mi ha permesso una crescita interiore. Ogni sera che rientravo in cella io mi mettevo in discussione. Mi colpisce il modo in cui Armando ti fa scattare qualcosa dentro. Non siamo solo detenuti, io lo sono ma sono anche tanto altro. La storia è stata ispirata ad un fatto realmente accaduto, Matteo vi siete incontrati con queste persone?Matteo Garrone: il rapporto con queste persone è ottimo ma preferiscono mantenere la loro privacy. Peraltro mi piace ricordare che le scene più surreali di questo film sono quelle più aderenti alla realtà.Nel film ci sono molte scene di carattere religioso. Questi riferimenti all’occhio divino e all’occhio del Grande Fratello sono presenti come una sorta domanda esistenziale nel film?Matteo Garrone: nella realtà dei fatti, il rapporto tra i due cugini era mosso da questa ambivalenza. Uno era legato all’occhio di Dio, essendo molto religioso, l’altro, invece, era ossessionato dall’occhio del Grande Fratello e io ho cercato di riproporre questa sfumatura.Matteo, che rapporto hai con i reality come spettatore? Come hai ricostruito gli ambienti del Grande Fratello?Matteo Garrone: abbiamo ricostruito la casa del Grande Fratello grazie al lavoro dello scenografo Paolo Bonfini. Nel caso del Grande Fratello era molto difficile ricostruire l’ambiente senza cadere nella trappola della televisione. Quotidianamente vedo file e file di giovani che fanno provini. La tv non mi sembra in crisi, anzi più è in crisi il paese più ci si rifugia nello spettacolo. Ovviamente questo è un film sul pubblico.
Dunque al pubblico spetterà il compito di comprendere la profondità e la scioccante freddezza di cui vibra la macchina da presa di Garrone in questo film che è un reportage sull’atroce illusione e illusorietà del mondo dello spettacolo. Reality, che uscirà il prossimo 28 settembre in 350 copie, è la conferma della grandiosità del cinema di uno dei registi italiani più affascinanti degli ultimi tempi.