Black Dog, la recensione: un potente film denuncia sulla Cina contemporanea

Una scena di Black Dog (fonte: Festival di Cannes)
Una scena di Black Dog (fonte: Festival di Cannes) - NewsCinema.it

In una Cina assediata da bande e branchi di cani, Guan Hu firma una sottile denuncia contro il regime, in un film un po’ nebuloso ma con alcune scene formidabili. Black Dog sarà al cinema dal 27 febbraio.

Black Dog, la recensione: un potente film denuncia sulla Cina contemporanea
3.5 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

È impossibile, davanti a Black Dog, non pensare alla saga di Mad Max. Per l’eroe tormentato, muto e solitario. Per l’ambientazione desertica in cui scorrazzano convogli di veicoli che sollevano nuvole di polvere, bande in motocicletta guidate da eccentrici capi clan (un certo “Macellaio”, che alleva serpenti per la loro carne e il loro veleno). Quello di Guan Hu non è un classico film di genere, ma la sua ambientazione folle e naturalmente post-apocalittica, un agglomerato di semi-rovine e cumuli di scorie sormontate da squallidi belvedere da cui osservare i paesaggi a perdita d’occhio del deserto del Gobi, lo fanno apparire come tale.

Ai margini del Gobi, nel nord-ovest della Cina, Lang torna nella sua città natale dopo essere stato rilasciato dal carcere. Assunto da uno di questi piccoli boss (il mitico regista Jia Zhangke, in una rara occasione davanti alla macchina da presa) come accalappiacani per ripulire la città dai cani randagi prima dei Giochi Olimpici, il protagonista farà amicizia con un levriero color antracite particolarmente intelligente, che la pattuglia sospetta sia stato contaminato dalla rabbia.

Una scena di Black Dog (fonte: Festival di Cannes)
Una scena di Black Dog (fonte: Festival di Cannes) – NewsCinema.it

Black Dog, il film di Guan Hu

Ma chi è il “cane nero” del titolo? L’animale e il padrone insieme, in una storia di redenzione nebulosa, forse fin troppo metaforica, ambientata nei mesi che anticipano le Olimpiadi del 2008, quando la massiccia crescita economica della Cina stava causando sconvolgimenti in molte regioni rurali, progressivamente abbandonate dai loro abitanti per raggiungere posti meglio serviti.

È un anno che è stato un punto di svolta, mentre la Cina si stava reinventando, tra l’orgoglio delle Olimpiadi e l’immenso dolore del terremoto di Wenchuan, che colpì nel maggio di quell’anno, uccidendo quasi 70.000 persone. La performance di Eddie Peng in tal senso è eccezionale, nei panni di un personaggio quasi schraderiano, inseguito dal senso di colpa, determinato nel voler saldare una volta per tutti i suoi debiti economici ed emotivi, commovente nel comunicare un senso di perdita causato da un cambiamento velocissimo e inesorabile, che tutto inghiotte e tutto desertifica.

Black Dog

è un film lunatico, tentacolare, western-noir con una sufficiente dose di critica sociale (ricordiamo che comunque il film è stato approvato dal governo cinese e dai suoi censori), che si discosta dai lavori che hanno reso famoso il regista 56enne.

I suoi due blockbuster precedenti, ovvero The Eight Hundred e The Sacrifice, erano più racconti della potenza militare cinese che  meditazioni sulle città lasciate indietro dalla modernità. Ma dopo aver incassato rispettivamente più di 484 milioni e 173 milioni di dollari al botteghino, i due film hanno permesso a Guan Hu, divenuto immediatamente una delle figure più conosciute della sesta generazione di registi cinesi, di poter realizzare un’opera più complessa e personale.

By Davide Sette

Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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