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Death of a Unicorn, recensione: Jenna Ortega contro magici unicorni letali

Sospeso tra realtà e leggenda, Death of a Unicorn reinventa l’immagine dell’unicorno che tutti conosciamo. Da candidi e colorati diventano animali spietati che sbranano a vista d’occhio.

3.1 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Diretta e scritta da Alex Scharfman, solitamente produttore e sceneggiatore per il cinema e qui al suo debutto da regista, questa comedy horror prova a svincolare l’idea comune del pacifico animale mistico.

Arcobaleni e unicorni sono il binomio più classico per rimandare il pensiero globale al candore della purezza. Beh questa volta la barca rema nel senso contrario e l’intento principale di Death of a Unicorn pare essere anche il suo più grande punto di forza.

Di cosa parla il film sugli unicorni assassini

Con protagonisti Paul Rudd e Jenna Ortega, nei corrispettivi ruoli di padre e figlia, Death of a Unicorn ci cala in una dimensione insolita, molto fantasy ma anche parecchio horror. Elliot (Rudd) e Ridley (Ortega) sono in viaggio verso la casa di un ricco magnate farmaceutico per questioni di affari.

Lungo la strada però, inavvertitamente, investono un animale che spunta di colpo dai boschi. Con l’auto malmessa e la sagoma ferita di questa misteriosa creatura stesa sull’asfalto, i due scendono per capirci di più e soccorrerla quando si trovano di fronte qualcosa di totalmente inaspettato: un unicorno in fin di vita.

Da qui inizierà una lunga avventura tinta di sangue viola e atmosfere da commedia dark, che vedrà addirittura nelle vesti di produttore esecutivo nientemeno che Ari Aster, uno che con la follia gioca sempre in casa. L’idea di base si sviluppa dunque su qualcosa di molto semplice ma volutamente portato all’estremo, come una sorta di scintilla utile a innescare un disastroso effetto domino.

Magia, tentazione e perfidia confluiranno in un unico canale che collegherà l’essenza umana di chi, spinto da avido egoismo, brama l’immortalità, con animali mitologici in veste meno edulcorata del solito. A tratti un vero e proprio home invasion Death of a Unicorn porterà lo spettatore a chiedersi se ciò che sta guardando è più commedia o film dell’orrore.

Death of a unicorn cast
Paul Rudd e Jenna Ortega in una scena di Death of a Unicorn (Foto: I Wonder) – Newscinema.it

Lo Shark Movie con le corna

Cupo ma a tratti ironico il film trova una precisa identità, diventa infatti una sorta di shark movie ma con il corno luminoso al posto della pinna. Musiche, oscurità e tensione a un certo punto del film si allineano per produrre quell’esatto effetto che solo gli shark movie restituiscono.

Gli unicorni sono i nuovi squali assetati di sangue, creature senza alcun rimorso che da un lato sembrano quasi compiaciute nel farlo ma dall’altro totalmente disperate per il proprio cucciolo. Death of a Unicorn sovverte dunque l’immagine idilliaca e positiva di questi leggendari esseri e lo fa attraverso una fase che combacia con uno dei più crudeli e sanguinosi sottogeneri del cinema.

Inconfondibile è la pinna che spunta dalle acque dell’oceano, colorate di un blu intenso, e allo stesso modo quelle infinite sequenze in cui i protagonisti si guardano intorno cercando di nascondersi evitando di farsi sbranare. Qui la sensazione è la stessa. Quando le cose si complicano e ci si accorge che gli unicorni sono più di uno e molto rabbiosi, il film si trasforma portandoti in zone già esplorate ma meno bagnate.

Will Poulter Death of a unicorn
Will Poulter in una scena di Death of a Unicorn (Foto: I Wonder) – Newscinema.it

Cast perfetto, CGI discutibile

Death of a Unicorn trova nella sua protagonista, un perfetto veicolo per ciò che vuole essere. Dopo Scream, Mercoledì, Beetlejuice e tanti altri titoli di uno specifico genere che pare averla un po’ imprigionata, Jenna Ortega nei panni di Ridley riformula per l’ennesima volta la figura della ragazzina tenebrosa.

Detto ciò non si può dire che non sia perfetta per il ruolo e che, insieme a tutti i comprimari, riesca a portare il film nell’esatta direzione. Paul Rudd, anche lui in prima linea, gioca nel ruolo che gli riesce meglio con quel tono di chi deve sempre giustificarsi racchiuso nella tipica espressione tra l’ingenuo e il cane bastonato.

Will Poulter è forse il personaggio più ironico, con questo suo modo totalmente opportunista di agire e dipendente da qualsiasi sostanza che lo renda insensibile e performante. Ci sono poi Téa Leoni (che torna a recitare dopo quattordici anni) e Richard E. Grant, anche loro di certo speculatori cronici e un po’ macchiette, pronti a intensificare i guadagni ma ben presto anche a finire a brandelli.

Se i personaggi in carne ed ossa funzionano dunque, quelli in digitale molto meno. La computer grafica, infatti, non è tra gli aspetti meglio riusciti di questo film. Durante tutta la fase in penombra il risultato si maschera con l’oscurità e la sua resa non disturba, ma appena la luce inonda la scena i problemi visivi si palesano.

Di sicuro questa nuova avventura filmica, un po’ spiritosa ma anche cruenta, custodisce al suo interno alcuni messaggi validi, legati specialmente alla corruzione dell’animo umano e a sottotrame familiari più sensibili, ma non è di certo questo il suo principale obiettivo. Death of a Unicorn, al cinema dal 10 aprile con I Wonder Pictures, rimane senza ombra di dubbio un film da pop corn, coca-cola e parecchia sospensione dell’incredulità.

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Lorenzo Usai
Lorenzo Usai
Contraddistinto da una passione cinefila quasi maniacale, cresciuta in me come una vocazione, cerco ogni giorno che passa di scoprire sempre di più, farmi esperienza, parlare e scrivere di questo magico mondo. Fin da piccolo sono sempre rimasto incantato dal cinema, la sala, l’enorme schermo davanti a me e tutte le storie che mi portano dentro ad infiniti mondi, vivendo esperienze come in prima persona. Insomma i film emozionano, insegnano, confortano, incoraggiano, divertono, sono una potenza reale e concreta, per me non sono un passatempo ma un vero stile di vita.

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