Finalmente Benedetta, l’attesissimo nuovo film di Paul Verhoeven, è stato presentato in anteprima mondiale per la 74esima edizione del Festival di Cannes, un anno dopo rispetto a quanto inizialmente previsto (a causa del Covid). In questo film di due ore, all’interno delle quattro mura del convento di Pescia in cui si svolge, il provocatore olandese è riuscito a racchiudere tutti i temi e le ossessioni che hanno segnato la sua carriera lunga cinque decenni. Non si può certo definire un film così “sporco” e vitale come Benedetta un film di commiato, ma c’è sicuramente un senso di chiusura in questo dramma erotico a sfondo religioso, che trova il tempo per esplorare tutti i temi cari al regista: voyeurismo, sadismo, masochismo, potere, perversione, repressione, ribellione, misticismo, ironia e fede.
Paul Verhoeven racconta Benedetta da Pescia
Nella Toscana del XVII secolo, nel Monastero delle Théatines a Pescia, Verhoeven segue le vicende di Benedetta, una bambina offerta a Dio dalla sua ricca famiglia (scambio saldamente negoziato dalla badessa interpretata da Charlotte Rampling). Casta e assolutamente convinta dei poteri “magici” della fede, la nuova arrivata suscita immediatamente scalpore quando una statua della Vergine Maria le cade inspiegabilmente davanti mentre prega. Ma “i miracoli non valgono quasi mai i guai che portano”, sottolinea la badessa. Il prosieguo dimostrerà la fondatezza di quella affermazione: diciotto anni dopo, Benedetta (Virginie Efira, bravissima nel credere davvero al suo personaggio nonostante tutte le assurdità che le accadono attorno) entra in una dimensione completamente nuova, in preda a visioni mistiche sanguinolente e ad irresistibili sentimenti di attrazione per Bartolomea (Daphné Patakia), una giovane che ha dovuto subire abusi incestuosi e che è stata accolta dal monastero per essere salvata dal padre violento (anche lei dopo una trattativa piuttosto venale).
Dal dubbio (“come faccio a sapere cosa è reale e cosa non lo è?”) all’angoscia, dalla trance all’estasi, Benedetta sviluppa presto le stigmate di Cristo sulla sua pelle, proprio davanti agli occhi delle sue compagne, e inizia a profetizzare il futuro, mentre si concede totalmente alla relazione segreta e torrida con Bartolomea. Sedotto dalla prospettiva di un nuovo afflusso di pellegrini, il prevosto (Olivier Rabourdin) consegna tutto il potere a Benedetta. Da quel momento le cose precipitano: una cometa comincia a brillare minacciosamente nel cielo che sovrasta il convento, una suora si suicida, la peste comincia ad avvicinarsi alla città e il nunzio (Lambert Wilson) arriva da Firenze per giudicare Benedetta, accusata di “blasfemia, eresia e bestialità”.
Tra misticismo e inganno
Se l’immagine del film diventerà sicuramente quella della statuetta lignea della Vergine che ad un certo punto viene trasformata in un dildo da Bartolomea, sarebbe riduttivo semplificare l’operazione di Verhoeven ad un gioco scandalistico con lo spettatore. Benedetta è invece animato dalle sue stesse contrapposizioni insanabili. Corpo e anima. Verità e menzogna. Misticismo e sessualità. Realismo e grottesco. Triviale e sublime, il cinema di Verhoeven affida a queste tensioni costanti il compito di alimentare la fiamma del racconto. E per questo non sceglie mai di risolverle, rimanendo sempre in sospeso tra le polarità opposte. Anche nella forma, e nello stile narrativo, in un film che spiazza e diverte per la libertà con la quale è capace di cambiare registro nell’arco della stessa scena, e che non ha paura di giocare con la volgarità e il ridicolo.
In questo senso, il film si pone come riflessione indiretta sull’intera carriera di Verhoeven. Seguendo fino in fondo il messaggio per il quale i personaggi devono disimparare che la sofferenza sia l’unica via per la redenzione, Benedetta è un’ode ai “cheap thrills” e al godimento a buon mercato. Sebbene Verhoeven giochi con una certa ambiguità sul fatto che Benedetta possa essere effettivamente una santa o solo un’altra ciarlatana, si tratta di una questione secondaria che svia dal vero senso del film. Benedetta non è né una peccatrice né una santa, ma una semplice narratrice, una persona che si appassiona al suo stesso racconto, che usa carisma, intelligenza e tutti gli altri strumenti a sua disposizione per lasciare un segno nel mondo e raccontare la propria storia.