Sarajevo Film Festival | What Do We See When We Look at the Sky? è uno dei migliori film del 2021

Nonostante le mille digressioni e i tanti momenti trascurabili che diventano improvvisamente oggetto di curiosità cinematografica, What Do We See When We Look at the Sky?, capolavoro firmato da Alexandre Koberidze, presentato in anteprima mondiale alla Berlinale 2021 e adesso in rassegna al Sarajevo Film Festival, è, alla fine dei conti, una storia d’amore. Rimescolata, percossa, resa impossibile dagli eventi e dallo stesso mezzo cinematografico, che fa di tutto per non raccontarla mai per davvero, trasformata in una fiaba in cui qualcuno ha gettato sulla coppia protagonista una maledizione per la quale si è destinati a sfuggirsi continuamente.

Ma è davvero possibile impedire che l’innamoramento accada, per quanti ostacoli e menzogne e fughe piccole o grandi si mettano in atto per ostacolarne il compimento?

Il capolavoro di Alexandre Koberidze

Anche il precedente film di Koberidze era una storia d’amore girata a Tbilisi, dove il regista vive ed è nato nel 1984. Ambientato in un tempo indefinito tra passato prossimo e futuro anteriore, ripreso con la videocamera di un telefono cellulare ormai obsoleto, metteva in scena il sentimento che nasceva tra un giovane e un poliziotto, ostacolato, anche in quel caso, dalla città e dal suo movimento perpetuo, dall’estate e da un panetto di burro che si stava sciogliendo, rincorrendo il tempo del racconto. Nel mezzo la guerra che non doveva tornare e che invece torna.

La città adesso è invece l’antichissima Kutaisi, ci sono i mondiali di calcio e tutti cercano di guardare i loro idoli al meglio delle loro (poche) possibilità, ammassati nei vari caffè con tv e campionato in chiaro, uomini e cani che fino al minuto prima del fischio di inizio condividevano l’asfalto della strada. I ragazzini giocano a pallone – sequenza memorabile con Estate Italiana di Bennato e Nannini – ossessionati da Messi. Koberidze li riprende sempre in «contropiede», trasformando ogni gesto atletico in una questione di respiro, slancio e inventiva. Lo fa rielaborando vecchi ricordi (la scena dei ragazzini che giocano a calcetto rimanda a un’immagine della coppa del mondo con Maradona negli anni Novanta) e cercando di restituire allo spettatore le emozioni da lui associate a quelle suggestioni provenienti dal passato. Ogni scena in What Do We See When We Look at the Sky? può essere ghermita prima di tutto ad un livello immediatamente emotivo e solo successivamente compresa ad un livello più banalmente diegetico e narrativo.

A strutturare la vicenda è una voce narrante, dal tono quasi canzonatorio, che trascina il racconto fuori dai margini della rilevanza, inseguendo le orme di un cane o lasciandosi affascinare dalle problematiche di una coppia intenzionata a girare un film in pellicola. Ras vkhedavt, rodesac cas vukurebt?, questo il titolo originale dell’opera, diventa un affresco dove tutto risulta utile al quadro complessivo, pieno di corpi di passaggio che si collegano ai protagonisti attraverso relazioni sottilissime, come se i tanti incontri casuali della vita di cui non si tiene mai traccia trovassero improvvisamente, tutti insieme, un significato nella loro accumulazione.

Tra Iosseliani e Truffaut

Francois Truffaut confessò a Otar Ioseliani di avergli rubato il finale di C’era una volta un merlo canterino (la scena del protagonista investito da un’automobile) per il suo L’uomo che amava le donne. Pensava – disse Truffaut – che quel piccolo film georgiano non sarebbe mai arrivato a Parigi e che nessuno avrebbe mai potuto svelare l’appropriazione. Alcuni anni dopo, Blake Edwards realizzò a Hollywood il remake del film di Truffaut, I miei problemi con le donne, mantenendo lo stesso finale. Fu così che l’idea di Otar Ioseliani arrivò, inconsapevolmente, a Hollywood e sugli schermi di tutto il mondo. 

È a quel tipo di cinema che Koberidze guarda: tutto il contrario di un cinema meticoloso, tecnico e studiato, ma invece frutto di istinto e improvvisazione, immerso nel proprio tempo e alimentato da un desiderio profondo di fare cinema, di farlo in una maniera unica e di suggerire allo spettatore sensazioni che lo riguardano in maniera inconscia. Mettere in scena la vita adulta come una lunghissima sequenza di incidenti (e quella dell’infanzia come una lunghissima sequenza di misfatti, sempre seguendo l’insegnamento di Truffaut) muovendosi tra uno stile semi documentaristico e improvvise emergenze di finzione e fantasia. 

Sarajevo Film Festival | What Do We See When We Look at the Sky? è uno dei migliori film del 2021
4.5 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

By Davide Sette

Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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