In un periodo in cui i film che parlano delle meravigliose terre del sud sono tra i più amati in Italia, come “Che bella giornata“, “Basilicata coast to coast” e “Benvenuti al sud“, arriva anche un nuovo film sul Salento : “Senza arte nè parte“. Giovanni Albanese (regista, interprete, costumista e scenografo italiano) tenta di raccontarci la crisi, mettendoci di fronte al licenziamento di tutti i protagonisti del film , un trio tra cui spicca assolutamenteVincenzo Salemme (A Natale mi sposo, Olè) nel ruolo di Enzo, il quale è affiancato da Giuseppe Battiston (La bestia nel cuore, La tigre e la neve) che è Carmine, e da Hassani Shapi (Lezioni di cioccolato) che presta il suo volto all’indiano Bandula.
I tre dopo essersi vendicati con la “Tammaro” (l’azienda che li ha cacciati senza tante spiegazioni), con qualche atto di vandalismo, vengono assunti come custodi dallo stesso uomo che li ha rovinati, e dovranno “custodire” una piccola stanza dove sono nascoste alcune delle opere di arte contemporanea più ambite nel mondo dei collezionisti. Tutto ciò avrà dei risvolti inaspettati, e tutti e tre, resosi conto dell’effettivo valore che hanno gli oggetti che sono sotto i loro occhi tutto il giorno, decidono di “rifarle” vendendo le originali ad un notaio e ad un gallerista, ricavandoci parecchio denaro. Un’idea geniale no?
Solo che qualcosa va storto, alla fine le cose si complicano e la trama perde via via credibilità. L’iniziale tentativo di film sulla crisi e sulle difficoltà che l’uomo italiano medio incontra in famiglia e nell’arrivare a fine mese, cadono nella comicità forzata, quasi da commediola arrangiata, ed è probabile che lo stessoAlbanese (il quale ha curato la sceneggiatura assieme a Fabio Bonifacci) abbia tentato di allegerire la portata di ciò che voleva inizialmente raccontare, come se avesse “scagliato la pietra” e poi nascosto la mano. I punti forti del lungometraggio risiedono infatti tutti nella prima parte, dove è stato fatto un lavoro di montaggio e di fotografia decisamente superiore rispetto a quello del resto del film, in particolare della fine. Nell’ultimissima sequenza vediamo Bandula ( Hassani Shapi), che è riuscito a tornare in India, e gli altri personaggi contenti e ricchi grazie ad una “trovata geniale”, un lieto fine che appare forzato e che poteva essere risolto in maniera molto diversa. Ma ovviamente tutto ciò potrebbe essere dovuto all’inesperienza di Albanese come regista, ha infatti lavorato soprattutto come filmmaker, e sicuramente in futuro riuscirà a confezionare prodotti di maggiore qualità.