In occasione dell’uscita in sala di L’amore non si sa, il 19 agosto 2021, ecco l’esclusiva intervista a Silvia D’Amico, protagonista dell’opera prima di Marcello di Noto.
L’attrice romana, classe 1986, ha all’attivo una filmografia di tutto rispetto, tra titoli indipendenti e grosse produzioni. Dopo essere stata insignita, all’Ortigia Film Festival, del Premio interprete dell’anno veramente indipendente, ci ha raccontato qualcosa in più sulla recente pellicola.
Ne L’amore non si sa veste i panni della bella Marian, una giovane donna che farà perdere la testa agli altri due protagonisti, Denis (Antonio Folletto) e Nina (Diane Fleri), prima che la tragedia della vita arrivi a chiedere il conto a tutti loro.
Silvia D’Amico | L’intervista
Come sei approdata al progetto? Cosa hai pensato e ti ha colpito quando hai letto la sceneggiatura?
Sono arrivata al progetto all’ultimo momento. Marcello ha fatto provini a moltissime attrici per il ruolo di Marian, ma nessuna l’aveva convinto. Poi il suo aiuto regia gli ha fatto il mio nome, mi hanno mandato la sceneggiatura e in due giorni ero dei loro.
La cosa che mi ha colpito di più oltre allo script è stato vedere il lavoro precedente di Marcello, un corto che si intitola “Pazzo e bella”. Mi piace come gira, non appartiene a nessun genere, ha un linguaggio tutto suo.
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In cosa somigli alla tua Marian e in cosa sei differente? E qual è il lascito più importante che hai ricevuto nell’interpretarla?
Marian è una che segue l’istinto a qualunque costo. Questo lo faccio anche io. Nel mio lavoro peró. Nella vita sono un pò meno spericolata.
Conoscerla mi ha insegnato ad osservare e ad avere grande rispetto per il silenzio altrui. Marian parla pochissimo ma la sua presenza è preziosa, carica di fragilitá e contraddizioni.
Che clima c’era sul set? C’è qualche aneddoto che puoi raccontarci?
Girare in Puglia è straordinario, sono contenta di tornare per reincontrare le persone che ho conosciuto sul set, con molti di loro sono rimasta in contatto.
Gli aneddoti sulla Mehari (l’auto di scena che guido in diverse scene del film) sono infiniti. Una cosa è certa: non ho mai capito se sono io che le ho dato il colpo di grazia o se era una macchina già arrivata al capolinea, non mi diranno mai la verità!
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Quanto conta ottenere un riconoscimento come quello dell’Ortigia Film Festival? E che rapporto hai con i festival?
Mi hanno premiato come “Miglior attrice di cinema indipendente”. È stata una bella sorpresa ricevere quel premio, non era in programma, ero in platea a godermi lo spettacolo.
Mi auguro che l’accezione “indie” del nostro cinema possa avere lo stesso successo che ha avuto nella musica.
Certo forse è più difficile fare un bel film con pochi mezzi a disposizione, piuttosto che una bella canzone. Ma se mi appassiono al progetto è una sfida a cui non posso rinunciare.
Le donne che porti sullo schermo hanno spesso una forte caratterizzazione e uno spirito indomito. Quali sono i tuoi modelli di riferimento e ce ne è una a cui ti piacerebbe dare vita?
Non ho modelli di riferimento, mi piace lasciarmi andare a suggestioni ogni volta diverse. Del passato, del presente o del futuro, non conta. Quello che conta è la libertà con cui mi approccio al mio lavoro; forse Marian somiglia più a un animale che a un essere umano.
Per la sezione “ragazze indomite” mi piacerebbe interpretare Amy Winehouse, amo la sua musica e la vitalitá disperata che ha messo nello stare al mondo.