Addio David Lynch: 5 registi che potrebbero essere i suoi eredi

The Kingdom: Exodus
The Kingdom: Exodus (Foto: Prime Video) - NewsCinema.it

David Lynch se n’è andato all’età di 78 anni, lasciando un vuoto incolmabile nel mondo dell’arte contemporanea, andando al di là dei confini strettamente cinematografici. Ma chi sono i suoi possibili eredi?

Lo diciamo subito: David Lynch è stato un genio senza pari. Uno dei pochi artisti che ha ispirato un aggettivo (lynchiano) che è praticamente impossibile associare con precisione a un altro regista che non sia lui. Nonostante ciò, ci siamo sforzati di immaginare cinque registi che – in maniera personale e molto differente – sembrano maggiormente predisposti a seguire la strada tracciata da Lynch, facendo loro la sua totale libertà espressiva e la sua straordinaria intuitività.

Panos Cosmatos

Una scena di Beyond The Black Rainbow (fonte: Prime Video)
Una scena di Beyond The Black Rainbow (Foto: Prime Video) – NewsCinema.it

Figlio del regista italo-greco George P. Cosmatos (l’uomo dietro la macchina da presa per film come Rambo: First Blood Part II e Cobra) e della scultrice svedese Birgitta Ljungberg-Cosmatos, l’autore di Beyond the Black Rainbow e Mandy, già diventato una personalità di culto nell’ambiente hollywoodiano, ha sempre raccontato il suo cinema come uno strano ibrido tra i “popcorn movie” di suo padre e l’arte sperimentale e inquietante di sua madre.

I suoi detrattori si infurierebbero per un accostamento con David Lynch, eppure è impossibile non immaginare un’influenza diretta di quel cinema lì sul suo stile. Cosmatos è infatti cresciuto guardando horror e sci-fi in vhs e nei suoi film si nota quanto sia stato ispirato dal cinema di genere di quegli anni.

Cristóbal León e Joaquín Cociña

Una scena di Los Huesos (fonte: Mubi)
Una scena di Los Huesos (Foto: Mubi) – NewsCinema.it

Le sinistre favole in passo uno dei due artisti cileni Cristóbal León e Joaquin Cociña riportano alla luce i cadaveri smarriti e le storie occulte del loro paese natale, riempiendo i loro labirintici spazi cinematografici di figure mascherate, cadaveri danzati e marionette che si disintegrano e riemergono di fronte ai nostri occhi.

Sono senza dubbio i degni eredi di Jan Švankmajer e dei fratelli Quay, di Ladislas Starevich e Joel-Peter Witkin, pur avendo affinato uno stile unico. Di David Lynch hanno sicuramente la stessa capacità di creare immagini e suggestioni visive disancorate da qualsiasi logica narrativa, ma semplicemente manipolando la materia che hanno tra le loro mani, lasciandosi guidare solo dal loro intuito (che è appunto un metodo di lavoro profondamente lynchiano).

Richard Kelly

Una scena di Donnie Darko
Una scena di Donnie Darko – NewsCinema.it

Quando uscì Donnie Darko, il suo regista Richard Kelly doveva ancora compiere ventisei anni. Quel film lo incoronò precocemente in patria come l’esordiente più talentuoso che si fosse visto da almeno un decennio a quella parte, da quando cioè fece la sua apparizione sugli schermi di mezzo mondo Le Iene di Quentin Tarantino.

Che le ambizioni di Kelly fossero alte, e non del tutto in linea con lo status quo delle major, apparve chiaro da subito, e fu ribadito dal tonitruante Southland Tales, per il quale gli vennero aperte perfino le porte del concorso di Cannes. Un disastro annunciato, che si rivelò un boomerang per il giovane cineasta, ma che a vederlo adesso sembra aver anticipato di quasi due decenni il Megalopolis di Coppola, nel suo farsi cinema radicalmente disordinato e onnicomprensivo in cui si regolavano i conti con gli anni di Bush.

Na Hong-jin

Una scena di The Wailing (fonte: Prime Video)
Una scena di The Wailing (Foto: Prime Video) – Newscinema.it

Il suo Goksung – La presenza del diavolo (anche noto come The Wailing), sin dalla sua uscita in Corea, ha riscosso grande successo sia tra la critica sia tra i fan del genere horror, per via dell’insolita struttura narrativa (paragonata, non a caso, a quella di Mulholland Drive) e della commistione di molti elementi cari al genere, come esorcismi, contagi, demoni, zombi e spiriti maligni.

Pochi mesi dopo l’uscita del film, fu annunciato da Ridley Scott, per conto della Scott Free Productions, l’intenzione di acquistarne i diritti per poterne fare un remake, di cui però non si è più parlato. Per capire se Na Hong-jin seguirà effettivamente la strada di David Lynch in futuro bisognerà aspettare il prossimo Hope, un thriller di fantascienza con Hwang Jung-min, Zo In-sung, HoYeon Jung, Alicia Vikander e Michael Fassbender.

Lars Von Trier

Una scena di The Kingdom: Exodus (fonte: Mubi)
Una scena di The Kingdom: Exodus (Foto: Mubi) – NewsCinema.it

Fan dichiarato di David Lynch, e di Twin Peaks in particolare, Lars von Trier ha dichiarato in un’intervista del 2021 che “la cosa più divertente da fare come regista è stuzzicare il pubblico senza giungere mai a una conclusione”, ammettendo di invidiare la capacità di Lynch di creare in modo intuitivo.

Qualcosa che lui, autoproclamatosi pensatore razionale, fatica a fare. Twin Peaks incombe su The Kingdom, la sua serie TV cult degli anni 90 che, come quella di Lynch, mescola soap opera, personaggi stravaganti e un altissimo tasso di stranezza. In più The Kingdom: Exodus, la terza stagione della serie realizzata a distanza di 25 anni dalla seconda, è esattamente l’equivalente danese di Twin Peaks: The Return. Il confronto regge, con o senza i gufi.

By Davide Sette

Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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