Sembra passata una vita da quando, nel luglio del 2019, Disney annunciò l’arrivo della versione live action de La Sirenetta, ma finalmente manca poco per l’uscita del film, prevista per il 24 maggio. Per ingannare l’attesa, scopriamo insieme le origini queer della fiaba originale che ha ispirato il classico Disney del 1989.
Quando la talentuosa cantante e attrice Halle Bailey è stata annunciata come protagonista dell’imminente adattamento live-action de La Sirenetta, in molti hanno avuto da ridire sulla scelta della Disney (e non sono mancate manifestazioni di razzismo più o meno esplicite). Si è subito gridato allo “scandalo”, accusando gli autori del film di aver ceduto alle pressioni del famigerato politicamente corretto, snaturando la rappresentazione di Ariel – bianca dai capelli rossi – cristallizzata nel cartone animato del 1989.
Critiche che, ovviamente, lasciano il tempo che trovano, ma che appaiono ancora più pretestuose e assurde se si approfondiscono le origini della fiaba originale scritta da Hans Christian Andersen: già all’epoca, nel 1837, un intelligente e sofisticato manifesto a favore della diversità e dell’espressione senza remore della propria sessualità.
La fiaba, infatti, venne pubblicata come parte della raccolta Eventyr, fortalte for Børn III, dodici mesi dopo il matrimonio di Edvard Collin, caro amico dell’autore. Andersen ne era profondamente innamorato pur non essendo, purtroppo, ricambiato, come rivela uno scambio epistolare tra i due.
La storia della Sirenetta, quindi, può essere letta come una metafora di impotenza e dolore causati dalla decisione dell’amato di sposare un’altra persona, così come la lingua tagliata e la perdita della voce rappresentano l’impossibilità di comunicare un sentimento considerato proibito. La protagonista, una sirena senza la propria voce, né donna né pesce, è Andersen stesso, dunque, che esprime tutto il dolore del sentirsi diverso.
Hans Christian Andersen | scrittore queer
Sebbene il mondo accademico più conservatore aveva inizialmente taciuto sulla omosessualità di Andersen, studiosi contemporanei come Jackie Wullschlager si sono soffermati maggiormente sulle vicende private di Andersen, ipotizzando che l’autore fosse, in realtà, bisessuale, come si evince dalle lettere d’amore dedicate a uomini e donne nel corso della sua vita.
Negare la presenza di voci e volti diversi sullo schermo vuol dire, infine, tradire gli sforzi e i talenti di chi lavora dietro di esso, tra cui un alto numero di artisti LGBT che hanno contribuito a rendere grande la Disney, come il paroliere gay Howard Ashman, che si era occupato proprio delle musiche del film originale de La Sirenetta.
Chi ha paura quindi che, con la presenza di Halle Bailey, il personaggio di Ariel possa diventare improvvisamente “troppo diverso”, vada a piangere altrove. O, meglio ancora, faccia nuovamente un tuffo nel film Disney del 1989 e vada a prendersela con Ursula: personaggio che, non a caso, fu ispirato alla nota drag queen Divine.