I migliori film sulle arti marziali da vedere prima de La città proibita

Una scena di Dalla Cina con Furore
Una scena di Dalla Cina con Furore - NewsCinema.it

Per il suo nuovo film La Città Proibita, Gabriele Mainetti ha ammesso di aver avuto un solo faro da seguire: quello di Bruce Lee e di quell’idea di un cinema in cui le arti marziali si fanno intrattenimento e spettacolo per il grande pubblico. Aspettando l’uscita del film nelle sale italiane, ecco qualche consiglio per ripassare i capisaldi del genere.

Con La Città Proibita, il regista romano confeziona il suo omaggio al cinema di arti marziali, ambientando la sua storia nel quartiere multiculturale dell’Esquilino. Per farlo, ha chiamato la stunt Yaxi Liu, alla sua prima prova da protagonista dopo aver fatto da controfigura nel live-action di Mulan, e la fight coordinator Liang Yang, già nota per aver lavorato per produzioni come Deadpool & Wolverine, Rouge One: A Star Wars Story e Skyfall. Per celebrare l’uscita del film, vi proponiamo una nostra top 10 dei film di arti marziali che non si può non aver visto per dirsi appassionati del genere.

Dalla Cina con furore (1972)

Ci sembra appropriato iniziare con l’attore che ha portato il cinema di arti marziali all’attenzione internazionale. Dalla Cina con furore è stato il secondo film da protagonista di Bruce Lee (dopo The Big Boss l’anno precedente) e vede la star nel suo ruolo più feroce.

Un racconto di vendetta ambientato nella Shanghai occupata dai giapponesi in cui l’allievo vendicatore di Lee, Chen Zhen, si rivela come la creazione cinematografica più psicotica dell’attore, infuriato contro gli occupanti e contro coloro che ritiene responsabili della morte del suo maestro. Con The Big Boss, lo status iconico di Lee era già stato sigillato, ma è il fermo immagine finale di Dalla Cina con furore che lo ha reso una leggenda.

Iron Monkey (1993)

Famoso per aver portato all’attenzione del grande pubblico le acrobazie aeree con il suo lavoro in film come La tigre e il dragone (2000) e Matrix (1999), il lavoro di Yuen Woo-ping come coreografo e regista risale al periodo d’oro del cinema di kung fu degli anni ’70. Fatto uscire nuovamente sulla scia del successo del film di Ang Lee, Iron Monkey si rivela una gradita vetrina per lo stile singolare di Yuen così come per le doti d’azione degli attori Donnie Yen e Yu Rongguang.

Ambientato durante l’infanzia dell’eroe popolare cinese del XIX secolo Wong Fei-hung – una figura simile a quella di Robin Hood interpretata sullo schermo da tutti, da Jackie Chan a Sammo Hung a Jet Li – il film è forse meno “poetico” di quello di Ang Lee ma sicuramente più soddisfacente dal punto di vista delle coreografie.

The Blade (1995)

The Blade è lo sporco e brutale aggiornamento di Mantieni l’odio per la tua vendetta di Chang Cheh, chiaramente realizzato nel tentativo di Tsui Hark di reclamare la corona del genere wuxia dopo l’incursione nel genere di Wong Kar-wai avvenuta l’anno prima con il suo Ashes of Time. Le battaglie al chiaro di luna raggiungono apici di lirismo e astrazione straordinarie, grazie alla fotografia espressiva di Tsui Hark. La sua macchina da presa si muove libera e fluida, arrivando all’estremo di fantasiose inquadrature in “point of view” che portano il film sui territori di Raimi e Argento.

Throw Down (2004)

Nato come omaggio ad Akira Kurosawa (“il più grande regista di tutti i tempi”, secondo la dedica dello stesso To) e in particolare al suo primo film (Sanshiro Sugata), Throw Down appartiene ai vertici della poetica di To: epico senza essere pomposo, mirabile esempio di tecnica sopraffina senza mai ridurla a uno sterile sfoggio di bravura, crocevia dei destini di personaggi eroici nella loro forza e – soprattutto – nelle loro cadute. Un film che rappresenta forse il perfezionamento definitivo dello stile di un regista affermatosi forse troppo tardi, anche agli occhi della critica, come uno degli autori più intelligenti del suo tempo.

Dirty Ho (1979)

Lau Kar-leung è stato uno dei grandi innovatori della “factory” degli Shaw Bros, dirigendo 14 lungometraggi per lo studio in una carriera di 50 anni come interprete e coreografo in quasi 200 film. Non solo un eccezionale combattente sullo schermo, ma un vero e proprio artigiano delle arti marziali.

Non a caso aveva iniziato la sua carriera lavorando come coreografo di combattimenti per artisti del calibro di Chang Cheh: un background che avrebbe poi influenzato il suo impareggiabile talento di regista. Il modo in cui Lau usa il movimento per caratterizzare i personaggi è ancora oggi strabiliante. Ma soprattutto è riuscito a integrare la commedia nelle scene di combattimento molto prima che Jackie Chan trovasse la sua nicchia.

Cinque dita di violenza (1972)

Il film diretto da Chang-hwa Jeong e prodotto ad Hong Kong lanciò in Italia il filone dei film di kung-fu nel 1973. Il mix di generi internazionale sbancò il botteghino una volta arrivato in America, non a caso diventando uno dei film preferiti da Quentin Tarantino, noto appassionato del genere. Il regista statunitense, che lo ha inserito nella sua personale classifica di capolavori, ha citato più volte le Cinque dita di violenza in Kill Bill. Con la leggenda delle arti marziali Lo Lieh, il film, con protagonista un giovane campione che si vendica di chi lo ha danneggiato slealmente, vanta scontri mozzafiato che sfidano la gravità.

Cinque dita di violenza - NewsCinema.it
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Drunken Master (1978)

È il film che ha definitivamente consacrato Jackie Chan come star, dopo essersi spianato la strada con Il serpente all’ombra dell’aquila, ed è il lungometraggio che codifica definitivamente li caratteristico stile che lo renderà famoso, unendo commedia e arti marziali.

Un indisciplinato giovane studente di kung fu ne combina di tutti i colori finchè il padre esasperato lo manda dal terribile maestro Suashy. Il vecchio, rivelatosi un allegro ubriacone, dopo un durissimo allenamento insegna al ragazzo il suo stile segreto di combattimento, mix di arti marziali e alcolismo.

The Raid (2011)

Una squadra speciale della polizia prende d’assalto il condominio-fortezza di un signore della droga, anche se si rende conto ben presto di essere attesa dai criminali. E l’accoglienza non è delle migliori. Montato, scritto e diretto da Gareth Evans con Iko Uwais, The Raid è il film che ha alzato nuovamente l’asticella del genere nell’ultimo decennio.

È la seconda collaborazione di Evans e Uwais dopo il loro primo film d’azione, Merantau, uscito nel 2009. Entrambi i film mostrano la tradizionale arte marziale indonesiana Pencak Silat, esaltata su schermo grazie all’incredibile lavoro di coreografia fatto dallo stesso Iko Uwais con Yayan Ruhian.

Fist of Legend (1994)

Con le coreografie di combattimento di Yuen Woo-ping, questo aggiornamento del classico di Bruce Lee pretenderebbe di offrire una visione più raffinata dell’occupazione giapponese di Shanghai, ma è nel ritmo e nell’orchestrazione delle sequenze d’azione che Fist of Legend dà il meglio di sé.

Non sorprende che sia stato proprio questo il film che ha determinato la svolta internazionale di Jet Li: un artista carismatico capace di sfoggiare velocità e grazia sbalorditive in combattimento. Non ci sono molti che potrebbero assumere così sfacciatamente uno dei ruoli più iconici di Bruce Lee senza fare una pessima figura.

36ª camera dello Shaolin (1978)

Esistono pochi film sulle arti marziali più iconici di questo capolavoro del regista Lau Kar-leung. Il film segue l’allenamento dell’agile apprendista interpretato da Gordon Liu, che decide di abbandonare la vendetta per seguire un percorso di grazia e autodeterminazione spirituale.

Lau Kar-leung nel 1978, mentre a Hong Kong si continuavano a sfornare incessantemente cloni assurdi di Bruce Lee, sempre meno dignitosi, decide di ispirarsi a un personaggio realmente esistito, il monaco San Te, e di regalare al pubblico quello che è forse il film di addestramenti definitivo.

By Davide Sette

Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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