Robert De Niro torna nel ruolo del gangster per The Alto Knights di Barry Levinson, sdoppiandosi davanti alla macchina da presa e interpretando due personaggi differenti. Il risultato è una vera e propria masterclass di recitazione.
The Alto Knights segna il ritorno di Barry Levinson al cinema a distanza di dieci anni dall’ultimo Rock the Kasbah, con Bill Murray. Per questo atteso “comeback”, il regista americano, autore di film leggendari ma troppo spesso dimenticato nelle liste dei più importanti cineasti statunitensi, si affida a un’icona del gangster movie a stelle e strisce, ovvero Robert De Niro, che per l’occasione si è sdoppiato, interpretando due personaggi.
Il film, infatti, segue le vicende di due dei più noti boss della criminalità organizzata di New York, Frank Costello (De Niro) e Vito Genovese (De Niro), intenti a contendersi il controllo delle strade della città. Un tempo migliori amici, piccole gelosie e una serie di tradimenti li mettono in una rotta di collisione mortale che cambierà per sempre la mafia (e l’America).

Levinson finisce così per fare un riassunto non proprio sintetico di tutti i principali ruoli cinematografici di De Niro: riprendendo temi come l’amicizia giovanile di C’era una volta in America, l’ambientazione de Il Padrino II, il culto del silenzio di The Irishman, la Copacabana di Quei bravi ragazzi, l’era del proibizionismo de Gli Intoccabili, e così via.
E lo stesso De Niro, con i suoi due personaggi, lavora sui suoi due registri attoriali preferiti: l’espressivo esagerato e quello minimalista, tutto in sottrazione. Insomma, The Alto Knights è innanzitutto una vera e propria masterclass di recitazione offerta da uno degli attori americani più celebri e riconoscibili della storia del cinema, capace di illuminare un film che in alcuni momenti sembra quasi una versione del gangster movie fatta con l’intelligenza artificiale (e c’è persino un certo fascino in questo).
The Alto Knights: De Niro eterno gangster
Quella raccontata da Levinson è una storia di amicizia d’infanzia che si trasforma in aspra rivalità e tradimento, basata sulla vera storia della caduta della mafia americana. De Niro, ovviamente, non è estraneo al genere, avendo recitato in alcuni dei più grandi film di gangster mai realizzati, ma nemmeno lo scrittore del film è un novizio. The Alto Knights è infatti sceneggiato da Nicholas Pileggi, il veterano giornalista di cronaca nera che ha co-scritto le sceneggiature di Quei bravi ragazzi e Casino con Martin Scorsese.
E persino il direttore della fotografia Dante Spinotti (Heat, Nemico Pubblico, L.A. Confidential) non è per nulla estraneo al contesto del film. Se da un lato la familiarità professionale di De Niro con il genere è evidente, dall’altro, è sorprendente scoprire che l’attore ha anche un legame personale con The Alto Knights, che prende il nome dal vecchio club di Little Italy, a New York City, che De Niro era solito frequentare negli anni Settanta.
Se inizialmente Costello è il protagonista del film, nel corso della storia viene messo progressivamente in ombra dall’altro personaggio interpretato da De Niro: Genovese. Come ha rivelato lo stesso attore, il regista lo aveva contattato originariamente solo per il ruolo di Costello, mentre l’idea di interpretare entrambi i gangster è nata solo successivamente. Ma è proprio questo stratagemma narrativo che trasforma The Alto Knights in una celebrazione di una intera carriera.
Robert De Niro, infatti, è per i film di mafia e criminalità quello che John Wayne è stato per i western. Anche se ha interpretato ogni tipo di ruolo immaginabile – pugili, vescovi, giocatori di baseball, poliziotti, ladri, rivoluzionari, cadaveri con crisi esistenziali e persino il diavolo stesso – sono i gangster movie ad averlo reso un simbolo del cinema americano.
La celebrazione di una carriera intera
I fan di De Niro avranno molto su cui riflettere. La star, infatti, offre una sorta di meta-commento su una carriera quasi interamente trascorsa a interpretare gangster. La sua interpretazione di Costello è essenzialmente De Niro nella sua versione senile, quella di celebrità venerata da tutti: una sorta di statista anziano che si accontenta di presentarsi e accettare premi, raccogliendo i frutti di decenni di lavoro mentre si gode i vantaggi di una reputazione ormai inscalfibile.
Per tutto il tempo, naturalmente, Costello osserva quelli che lo circondano, assicurandosi che tutto fili liscio, che i soldi arrivino e che le persone si prendano cura di lui. Il suo Genovese, invece, è più simile al classico De Niro, quello che abbiamo imparato a conoscere e amare attraverso il cinema: un personaggio imprevedibile, volubile e desideroso di bruciare tutto. È un mafioso della vecchia scuola, il tipo di criminale per il quale operare al di fuori della legge è qualcosa di molto più logico rispetto a vivere come tutti gli altri.

La differenza tra la freddezza quasi imperturbabile di Costello e la scimmiottatura semi-grottesca di Genovese sui vecchi gangster della Warner Brothers sembra monumentale. E si può facilmente intuire perché la star abbia deciso di accettare la sfida di recitare in entrambi i ruoli e di mettere questi due personaggi letteralmente l’uno contro l’altro in alcune scene.