Sherlock Holme: i mille volti del detective inglese tra cinema, tv e teatro

E’ uscito il 19 Novembre nelle sale italiane il nuovo Mr. Holmes, diretto da Bill Condon, con protagonista un elegante e attempato Ian McKellen nei panni dell’investigatore più famoso della storia. Rompendo con le moderne interpretazioni del personaggio, il film di Condon torna sulle strade della Londra vittoriana, con i suoi vicoli oscuri e le sue carrozze, per raccontare di un Holmes ormai in pensione e pronto ad affrontare la vecchiaia ed il proprio passato. Non è la prima volta che il celebre detective partorito dalla mente geniale di Sir Arthur Conan Doyle viene proposto su schermo. Più volte, infatti, registi e attori hanno cercato di trasportare al cinema la complessità di un uomo dilaniato dai propri opposti e spesso oppresso dalla sua stessa genialità. Il personaggio di Doyle nasce da una profonda contraddizione, da una parte le influenze provenienti dal romanzo gotico di Shelley e Poe, con il loro misticismo e il loro caratteristico “sublime”, dall’altra un contesto storico, quello in cui opera e vive lo scrittore, ancorato alla filosofia empiristica del materialismo filosofico. Holmes nasce quindi in un contesto culturale e scientifico ben preciso. Il suo autore, affascinato dalla teoria sulle onde elettromagnetiche elaborata dal fisico britannico Lodge, concepì un personaggio che potesse viaggiare e percepire la realtà attraverso “vibrazioni” differenti da quelle normalmente utilizzate dalle persone normali. Attraverso questa peculiare abilità di chiaroveggenza, personaggi come Holmes, così come i bambini, possono percepire il significato più recondito di ciò che accade attorno a loro. Molto spesso, quindi, lo straordinario metodo deduttivo/analitico utilizzato dall’investigatore, basato sull’osservazione ambientale e la constatazione dei fatti, è stato dipinto attraverso una connotazione quasi “magica” e sovrannaturale, trasformando lo “scienziato” in negromante. Attraverso questo approccio olistico è possibile comprendere come la stessa idea del personaggio di Holmes sia nata con lo scopo di indagare le possibilità della mente umana, dall’analisi deduttiva alle abilità di ragionamento logico.

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Più volte, nel corso degli anni, si è cercato di trasportare il fascino di questo personaggio sul grande schermo, attraverso attori che ne riuscissero ad incarnare i caratteristici tratti e i peculiari modi di essere. Prima dell’approdo al cinema, però, il famoso investigatore londinese fu trasportato sul palcoscenico teatrale da William Gillette, che riuscì nell’intento di regalare una interpretazione credibile e straordinariamente vicina al personaggio letterario, tanto che lo stesso Orson Welles arrivò ad ammettere come “Gillette fosse esattamente come Holmes avrebbe dovuto essere, dal modo di parlare alle sue azioni”. La stessa celeberrima frase “Elementare, Watson” proviene proprio da una delle sceneggiature teatrali proposte dall’attore. Ma il primo, vero, volto cinematografico di Holmes fu quello di Basil Rathbone che, con le sue quattordici pellicole, è riuscito a farsi riconoscere dal pubblico del suo tempo come la sola e riconoscibile maschera del carismatico detective. Da queste prime trasposizioni cinematografiche nacque il “look” ormai classico dello Sherlock vittoriano, con pipa e coppola. Un vestiario che, nonostante sia ormai diventato iconico e rappresentativo del personaggio, snaturava non poco quel gusto dandy e raffinato che contraddistingueva il detective dei romanzi di Doyle, ancora fortemente pregni dell’estetismo wildiano. Per la prima volta nella storia dell’investigatore, i film di Rathbone proposero le avventure di Holmes e del suo compagno Watson al di fuori del setting vittoriano, in un tentativo di modernizzare il personaggio e di coinvolgerlo nei problemi e nelle minacce del mondo contemporaneo, come la terrorizzante avanzata nazista. Per tutti gli anni ’40, quindi, Holmes si pose come simbolo di un eroe fiero e implacabile, sempre pronto a combattere per difendere la propria nazione, a dimostrazione che il coraggio e il patriottismo, insieme alla ragione e alla scienza, possono sconfiggere anche il più temibile dei nemici.

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Ma il fascino e la straordinaria influenza del personaggio si diffusero ben presto per tutto il globo, dando vita a diverse interpretazioni provenienti dai Paesi più disparati. E’ curioso pensare, ad esempio, che uno degli Holmes “stranieri” più apprezzati in patria è quello russo di Vasily Livanov, che, proprio grazie alla sua interpretazione del personaggio, divenne membro dell’Ordine dell’Impero Britannico per il suo “lavoro a servizio delle arti”. Con Livanov Holmes perse definitivamente la chirurgica freddezza e la inadeguatezza nei contesti sociali, diventando un personaggio più umano, cosciente dei propri difetti e legato ad affetti inossidabili, come quello per il compagno Watson. Meno conosciuta è anche una incursione dell’investigatore nel mondo del cartone animato giapponese, Sherlock Hound, parzialmente supervisionata niente meno che da Hayao Miyazaki. Il cartone, soffermandosi sull’anima bohème del personaggio, dalla sua passione per la musica al talento come suonatore di violino, riuscì a conquistare una grande fetta di pubblico, dai più piccoli agli adulti, grazie al suo umorismo e alla spiccata propensione per azione e combattimenti, come da tradizione anime. Persino in Italia, verso la fine degli anni sessanta, nacque una versione nazionalpopolare del detective creato da Doyle, interpretata da Nando Gazzolo in una serie di sceneggiati per il piccolo schermo. Nel corso degli anni, quindi, il carismatico detective ha assunto i tantissimi volti degli attori più in voga del momento, da Roger Moore a Michael Caine, passando per l’indimenticabile Christopher LeeNel 2009, inoltre, Guy Ritchie propose la sua personale visione del personaggio, cercando di raggiungere il maggior pubblico possibile attraverso una pellicola adrenalinica sorretta dalle due interpretazioni di Robert Downey Jr. e Jude Law. Nonostante il film si discosti in maniera netta dalla classica interpretazione del detective, preferendo una sceneggiatura più orientata alla spettacolarità e all’esagerazione, vi sono comunque elementi di contatto con la tradizione letteraria, dall’ambientazione vittoriana all’attenzione verso il mistero e la suspense.

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Ma lo Sherlock Holmes che più di tutti in questi ultimi anni è riuscito a far nuovamente appassionare milioni di fan al personaggio è quello interpretato da Benedict Cumberbatch per la serie TV targata BBC. Ancora una volta Sherlock Holmes si è dimostrato in grado di coinvolgere i fan contemporanei, orgogliosi di sfoggiare magliette con su scritto “I Believe in Sherlock Holmes”, così come, nell’epoca vittoriana, riusciva ad appassionare i suoi lettori e a commuoverli di fronte alla sua inaspettata e misteriosa uscita di scena, dipinta da Doyle sullo sfondo delle cascate di Reichenbach. Lo Sherlock di Steven Moffat e Mark Gatiss agisce nella Londra del 21esimo secolo, utilizza abilmente le nuove tecnologie ed è in grado di affrontare sfide ed enigmi ben più complessi di semplici omicidi di strada. Come Doyle faceva leva sulle paure più nascoste dell’età vittoriana, così questo nuovo Holmes combatte contro le minacce del mondo moderno, contro le sue fobie, dal terrorismo alla criminalità organizzata. Come il vero Holmes, Benedict Cumberbatch utilizza strumenti e attrezzi sofisticati per risolvere intricati puzzle e, come il vero Watson, Martin Freeman aggiorna regolarmente il suo blog sulle ultime avventure dell’amico investigatore. Quindi, nonostante il cambiamento di setting, l’interpretazione di Cumberbatch è per molti aspetti simile a quella già proposta da Jeremy Brett su piccolo schermo: un personaggio complesso e dilaniato interiormente, sagace e oscuro, dandy londinese e perfetto incapace, geniale investigatore e completo ignorante delle tendenze della società in cui vive. Gli opposti e le tante contraddizioni che hanno reso Sherlock Holmes il grandioso personaggio che tutti, ancora oggi, ricordano e amano e che, nonostante i mille volti già posseduti, è pronto ancora una volta a cambiare maschera.

By Davide Sette

Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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