5 stoner movies da rivedere

Quello degli “stoner movies” è un genere che per quasi un decennio è stato utilizzato in America per descrivere un preciso passaggio generazionale (quello della generazione X, ovvero di coloro che approssimativamente sono nati tra il 1960 e il 1980, prima del “baby boom”) e che, in tempi più recenti, è stato ripreso in chiave post-moderna per parlare di un periodo storico ormai archiviato assieme alle illusioni e alle utopie che lo caratterizzavano. Rientrano in questo genere quei film o serie tv la cui trama ruota attorno alluso di stupefacenti o di sostanze in grado di alterare la percezione che si ha della realtà, dalla cannabis alla canapaRipercorriamo quindi la lunga storia del genere attraverso cinque titoli, provenienti da periodi molto diversi fra loro, che ben racchiudono i temi e le atmosfere di quei film. 

Vizio di forma – Paul Thomas Anderson

Lo “stoner movie” di Paul Thomas Anderson è un film lisergico e caleidoscopico che usa il romanzo omonimo di Thomas Pynchon per cercare di andare dritto al cuore di quello che è il cinema noir, trattando la trama, con tantissimi personaggi, storie e misteri che si intrecciano in maniera inestricabile, come un fronzolo che in fin dei conti non serve a nulla ed è privo di senso. Quello che interessa al regista è mostrare al pubblico la lenta evoluzione di un personaggio che perde la sua personale “innocenza” proprio nell’anno in cui la perde il Paese in cui vive, stretto fra la fine della disillusione collettiva hippie e l’avanzata di una nuova violenza diffusa ed efferata come quella di Charles Manson. Alla fine l’investigatore continuamente su di giri protagonista del film sembrerà non avere alcuna intenzione di risolvere i misteri che gli si parano davanti e finirà solo per attraversarli senza lasciarsi influenzare da essi (tutto il contrario di ciò che generalmente avviene nei noir).

Paura e Delirio a Las Vegas

Paura e delirio a Las Vegas – Terry Gilliam

Se c’è un regista che sembra fare ogni volta lo stesso film solo con personaggi e contesti diversi (che poi è l’accusa che gli rivolge anche sua moglie), quello è sicuramente Terry Gilliam. Il cinema del “fu Monty Python” mescola realtà e finzione (o allucinazione) sino a renderle irriconoscibili. Dai tempi del Barone di Munchausen, ogni personaggio “gilliamesco” vive in una dimensione differente dalla realtà, che si è fabbricato lui stesso o che altri gli hanno imposto di vivere (sarà così anche nel suo nuovo L’uomo che uccise Don Chisciotte). Le avventure di Gonzo e Duke a Las Vegas si svolgono sullo sfondo dell’America consumista post ’68, che sembra aver ereditato da quel periodo solo gli aspetti più deleteri e meno edificanti. Un viaggio “acido”, che anticiperà poi quello sotto oppiacei del successivo Parnassus, in una realtà deformata dalle lenti di Nicola Pecorini

La vita è un sogno – Richard Linklater

Si svolge “tutto in una notte” (ma John Landis c’entra ben poco) negli anni Settanta il film, ormai divenuto un cult, di Richard Linklater. Famoso per aver consegnato alla storia una delle battute più famose di un Matthew McConaughey al suo primo ruolo (“alright, alright, alright”), La vita è un sogno incarna in maniera perfetta l’ingenuità di quegli anni, negando allo spettatore la possibilità di seguire un intreccio che in realtà non c’è ma che è sostituito da parole e dialoghi altrettanto calamitanti e coinvolgenti. Nel gruppo di ragazzi protagonisti ci sarà l’amico costretto a rimanere quando invece vorrebbe andarsene, quello che esce un’ultima volta insieme per salutare tutti, quello che ha conti in sospeso da dover regolare e quello che invece ha superato da tempo l’adolescenza ma non vuole convincersene. Come nei migliori film di Linklater, i personaggi saranno descritti e caratterizzati da tutte quelle interazioni che in altri film considereremmo trascurabili se non addirittura insignificanti.

Jay & Silent Bob… Fermate Hollywood! – Kevin Smith

Varrebbe la pena di recuperare questo film del 2001 diretto da Kevin Smith anche solo per il folle cameo che coinvolge Ben Affleck e Matt Damon alle prese con la sceneggiatura di un ipotetico seguito di Good Will Hunting (lavoro che sarà naturalmente interrotto dalla rocambolesca entrata in scena dei due protagonisti). I due spacciatori Jay e Silent Bob cercheranno di fermare in tutti i modi la lavorazione di un film hollywoodiano su di loro, sabotandolo dall’interno perché convinti che dall’industria americana del cinema non possa in nessun modo venir fuori qualcosa di buono (e terrorizzati dall’idea che qualche attore famoso possa interpretarli sul grande schermo). È Kevin Smith senza freni inibitori, nel bene e nel male.

American Ultra

American Ultra – Max Landis

Tale padre, tale figlio, si direbbe. Così Max Landis, figlio di uno dei padri putativi del genere “stoner”, ovvero il Landis di Animal House, scrive un film per Nima Nourizadeh, regista iraniano dietro ad un altro “stoner movie” divenuto celebre negli ultimi anni: Project X. Il loro American Ultra narra del paradossale tentativo di riscatto di un fattone contro la Cia, attraverso una action comedy che guarda un po’ al cinema d’azione americano e un po’ ad Akira (Max Landis lo aveva già fatto con Chronicle, primo suo film da sceneggiatore). Ma c’è anche un po’ dell’America degli outsider tipica del già citato Kevin Smith, quella dei commessi (“clerks”) di un piccolo negozio di provincia che passano le loro giornate fumando erba e disegnando fumetti che non pubblicheranno mai.