T2 Trainspotting, la recensione del sequel di Danny Boyle

La musica punk dirompente intervallata da una melodia classica e i colori psichedelici, già nei primi minuti del film T2 Trainspotting, ci riportano subito agli anni ’90, alle corse per le strade di Edinburgo di Mark Renton, Sickboy, Spud e Begbie nel film Trainspotting di Danny Boyle. Sono passati venti anni dal cult che ha lasciato il segno, raccontando la realtà deformata di un gruppo di giovani, schiavi delle droghe pesanti e di uno stile di vita edonistico.

Ewan McGregor, Ewen Bremner, Jonny Lee Miller e Robert Carlyle tornano ai loro ruoli iconici, ma come è la loro vita ora che sono adulti e devono fare i conti con un passato opprimente che ha coinvolto anche le persone intorno a loro? Mark Renton torna ad Edimburgo dopo essere scappato con le 16.000 sterline che avrebbe dovuto dividere con i suoi compagni di avventura, ed è inevitabile il sentimento di vendetta che suggerisce una resa dei conti tra vecchi rancori, nostalgia e desideri per un futuro migliore. Sickboy vuole aprire un bordello, e nel frattempo ricatta uomini d’affari con dei video porno realizzati con una telecamera nascosta, con una sua complice. Spud è depresso e tenta il suicidio poichè la compagna e il figlio lo tengono a distanza e per lui non sembra esserci nessuna possibilità di riscatto. Begbie scappa dal carcere, rendendosi conto che la vita di sua moglie e suo figlio è andata avanti anche senza di lui. Tutti e tre restano sconvolti dal ritorno di Renton che non ha molto da perdere e prova a riunire il vecchio gruppo, anche se non si rivela un’impresa facile.

Un sequel che non sfrutta solo il passato

Sicuramente il ritorno dei vecchi protagonisti e lo stile di regia che rende la musica una compagna piacevolmente invadente, insieme ad una fotografia che ricorda i colori e le allucinazioni del primo film, rendono T2 Trainspotting un sequel riuscito e convincente. La puzza, la degradazione, la sporcizia, i calci e i pugni, animano ancora una volta quella città grigia e umida, scenario delle imprese dei giovani guerrieri fragili raccontati nel romanzo di Irvin Welsh. Boyle inizia a presentare Renton e gli altri tre sopravvissuti che sono andati avanti con le loro vite sperando di diventare migliori e ricchi, per poi lasciare spazio alla nostalgia con flashback e scene del primo film che tornano come ricordi sfocati e malinconici di momenti importanti del loro passato. Tuttavia il regista non ha esagerato con l’omaggio al materiale originale, tenendosi lontano dalla facile e banale ricostruzione di qualcosa di già visto, che non offre niente di più alla storia.

La claustrofobia del futuro

T2 Trainspotting

invece si conferma un film diverso dal precedente. Un percorso intimo e delirante tra fallimenti, desideri e vecchi rancori che guidano lo spettatore in un viaggio nel tempo in nome della speranza di un cambiamento che fatica ad arrivare. Ritorna la distorsione della realtà, che non dipende più solo dalla droga, ma dalla delusione personale in seguito al bilancio esistenziale dei protagonisti. Era forse meglio morire prima continuando a vivere nell’eccesso e nella sregolatezza, pur di non fare i conti con le responsabilità e il peso dell’età adulta con i logoranti sensi di colpa?

Questa idea si fa strada tra le rosse stanze di albergo, il giallo e squallido appartamento popolare di Spud, la claustrofobica vecchia stanza di Renton e la mente distorta di Begbie. La sceneggiatura mantiene il ritmo costante e dinamico, brillando nel monologo di Ewan McGregor che ripropone in chiave moderna il concetto “Scegli la vita” del primo film, e nella scrittura ruvida e graffiante di Spud che sembra ricordare i toni espliciti e irriverenti di Chuck Palaniuk.

Si potrebbe interpretare T2 Trainspotting anche come un incubo ad occhi aperti dei quattro protagonisti che immaginano il loro futuro durante un viaggio allucinogeno indotto dall’uso di sostanze stupefacenti. Tuttavia è un film onesto, in cui la realtà si scontra con una fantasia danneggiata, mentre i protagonisti cercano di incanalare l’energia in una direzione diversa dal solito.

 

By Letizia Rogolino

Il cinema e la scrittura sono le compagne di viaggio di cui non posso fare a meno. Quando sono in sala, si spengono le luci e il proiettore inizia a girare, sono nella mia dimensione :)! Discepola dell' indimenticabile Nora Ephron, tra i miei registi preferiti posso menzionare Steven Spielberg, Tim Burton, Ferzan Ozpetek, Quentin Tarantino, Hitchcock e Robert Zemeckis. Oltre il cinema, l'altra mia droga? Le serie tv, lo ammetto!

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