Al Torino Film Festival anche l’innocente e coraggioso Frodo de Il Signore degli Anelli si arrende al suo lato oscuro, vestendo i panni del protagonista di Maniac, il thriller crudo e sanguinolento di Franck Khalfoun, proiettato all’interno della sezione Rapporto Confidenziale del festival. Elijah Wood è un giovane ragazzo proprietario di un negozio di manichini, che uccide una dopo l’altra alcune donne incontrate per strada, prendendo loro lo scalpo come trofeo. La sua infanzia difficile, alle prese con una madre assente e in balia di droga e sesso occasionale, lo segna per sempre, alimentando la sua natura perversa di serial killer compulsivo, che non riesce a liberarsi dalla sua maledizione e dalla sua sete di violenza. Non lo aiuta l’ambiente grottesco in cui vive, circondato da manichini senza vita, che lui cura e restaura come una sorta di Frankenstein contemporaneo.
Remake del film degli anni ’80 diretto da William Lusting, Maniac vede Wood nei panni del ruolo precedentemente ricoperto da Joe Spinell, portando sullo schermo una storia difficile da metabolizzare, in bilico tra il thriller e l’horror, e che strizza indubbiamente l’occhio al gore. Girato per il 90% in soggettiva, il regista offre allo spettatore gli occhi del killer protagonista, cercando la piena e violenta immedesimazione. La regia è ricca ed esibizionista, poichè per tutta la durata del film si assiste a numerose manifestazioni di stile da parte del regista e dell’intero staff tecnico. Infatti il punto di forza di Maniac è proprio la regia, seguita dalla fotografia, mentre la sceneggiatura risulta povera e a tratti ripetitiva, rendendo la trama non del tutto avvincente e abbastanza prevedibile. Elijah Wood nei panni del cattivo ragazzo convince quasi del tutto, grazie, in particolar modo, all’espressività degli occhi freddi e inquietanti che lo contraddistinguono da sempre.
Franck Khalfoun entra all’interno di una mente deviata, cercando di mostrare il suo punto di vista e non quello delle vittime, buttando nel calderone il lato splatter di Robert Rodriguez e Quentin Tarantino, con la componente grottesca e folle di una parte del cinema del regista giapponese Sion Sono (Hair Extentions). A differenza del suo precedente film -2 Livello del terrore, in cui ha spinto l’accelleratore sull’azione e l’adrenalina, in Maniac si concentra sulla sfera emotiva e la natura della follia, che può portare un essere umano a compiere omicidi così brutali. Il film è immerso in un’atmosfera claustrofobica e cupa, specchio dell’interiorità del killer maniaco, che combatte con se stesso per cercare di essere ‘normale’, ma viene divorato sempre di più dalla pazzia e dalla frustrazione sessuale, frutto di un infanzia difficile e irrimediabilmente segnata.