Inizia sulle note del famoso brano Brindisi tratto da La Traviata di Giuseppe Verdi, l’esordio alla regia di Dustin Hoffman. Si intitola Quartet ed è il film che ha aperto ufficialmente la 30° edizione del Torino Film Festival, introdotto dalla madrina Claudia Gerini e dal Direttore Artistico Gianni Amelio.

Beecham House è una casa di riposo per cantanti lirici e musicisti immersa nella campagna inglese, e ogni anno si prepara il grande spettacolo di gala per l’anniversario della nascita di Giuseppe Verdi. Tutti gli artisti residenti tornano sulla scena per raccogliere fondi e, tra gorgheggi e capricci, rinascono ansie da prima donna, rivalità tra istrioni e isterismi. Ad aumentare la confusione, arriva una nuova ospite, Jean Horton, che ritrova Reggie, Wilf e Cissy, gli altri componenti di un quartetto leggendario. Maggie Smith, Tom Courtenay, Billy Connolly e Pauline Collins interpretano il quartetto protagonista di questa storia adorabile, tenera e ricca di humor, attraversata da piccole note di malinconia e nostaglia, affrontando il tema dell’età che avanza con il cuore leggero e la giusta ironia. Hoffman descrive la vecchiaia come ricchezza e custode del talento e delle esperienze fatte nel corso della vita. Le mani, le rughe, gli occhi e la voce dei protagonisti, conservano gelosamente la vibrazione della musica, loro compagna fedele per la vita.

Hoffman decide di esordire alla regia all’età di settantacinque anni, con questo film sceneggiato da Roland Harwood e l’esperimento si può assolutamente dichiarare riuscito. Quartet è una commedia emozionante, divertente e piena, che riesce ad alternare momenti leggeri caratterizzati da dialoghi frizzanti e pungenti, e momenti toccanti e commoventi. Spassoso il personaggio di Wilf, un inguaribile playboy attempato solare ed eccentrico, interpretato magistralmente da Billy Connolly. Tutto il cast è eccezionale, anche per i ruoli di supporto, con uno spettacolare Michael Gambon e il soprano gallese Gwyneth Jones.

Il cuore del film è ovviamente la musica, per lo più classica, ma contaminata anche dalla sfera giovanile del rap e l’hip pop, come per denunciare una visione armoniosa e positiva di due generazioni diverse che trovano, con la musica, un punto d’incontro. La trama prosegue in modo fluido, senza sbavature o rallentamenti, anche grazie ad una regia che dà la giusta attenzione ai particolari, ma non perde di vista la struttura narrativa portante. La macchina da presa si sofferma spesso sull’incantevole paesaggio autunnale della campagna inglese, sul primo piano delle mani di un musicista o su un dettaglio di uno strumento musicale, ma tutte le inquadrature sono utili e indispensabili per creare la magia del racconto e permettere al pubblico di cogliere l’atmosfera candida e poetica che si crea all’interno di Beecham House e i suoi originali e affascinanti ospiti.

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