Venezia 75, The Ballad of Buster Scruggs: i Coen divertono con il loro primo film antologico

La comicità dei film dei fratelli Coen sta nella loro maniera unica di creare una successione di scene che non sono mai divertenti se prese singolarmente, ma che riescono a far ridere per la loro precisa collocazione nel racconto. È quindi chiaro che ogni episodio che compone The Ballad of Buster Scruggs, il loro primo film antologico, segue un ordine che rende possibile usare ogni segmento narrativo come chiave d’analisi per rileggere quello che lo ha preceduto e per comprendere quello segue. Se è vero che proprio nei lavori minori dei grandi autori emerge al meglio la loro idea di cinema, questo divertissement della coppia di registi americani ne è la conferma. The Ballad of Buster Scruggs è infatti un “gioco” colto che rielabora il genere western attraverso le diverse fasi che ne hanno caratterizzato l’evoluzione: dagli spaghetti western degli anni ’60 e ’70 a quello moderno di Altman, passando per i classici di John Ford e concedendosi sul finale persino una incursione “bergmaniana” nel regno dell’onirico.

The Ballad of Buster Scruggs: un gioco colto 

I personaggi dei film dei fratelli Coen hanno sempre delle convinzioni che non sono destinate a durare, ma che invece possono essere annullate anche solo con un pugno ben assestato sul viso (come avviene a Clooney in Fratello, dove sei?). Così anche i protagonisti di ciascuna storia di The Ballad of Buster Scruggs sembrano essere sicuri delle loro abilità almeno fino all’inevitabile momento in cui un colpo di fucile non li stenderà definitivamente al suolo. La morte è infatti il vero tema che unisce tutti gli episodi di questa antologia coeniana, che anche nei momenti meno irriverenti e più malinconici riesce a divertire per il modo in cui rivela a chi guarda le futili motivazioni per cui si muore e le egoistiche (e spesso demenziali) ragioni per cui si decide di uccidere. 

The Ballad of Buster Scruggs: la morte come tema conduttore

Ogni sequenza segue le proprie regole stilistiche, è fotografato in una maniera specifica ed è riconducibile ad una precisa declinazione dello stesso genere (ciò che avviene su schermo, invece, segue meccanismi immodificabili che sono quelli del cinema dei due fratelli). The Ballad of Buster Scruggs comincia infatti come se fosse un cartone animato con attori in carne ed ossa (il primo episodio sarà segnato da un utilizzo delle canzoni mai così comico, che rimanda ai primi anni del sonoro al cinema, quando pur di sfruttarlo si trovavano i pretesti meno logici) e prosegue con episodi sempre meno spassosi, lasciando chi guarda nella convinzione che debba sempre succedere improvvisamente qualcosa di estremamente ridicolo.

Se in altri lavori del duo le azioni che avvengono su schermo costituiscono una scusa per parlare dei temi che rimangono sullo sfondo, The Ballad of Buster Scruggs è invece un film che trova il suo senso ultimo sul piano formale, in un linguaggio che si trasforma di episodio in episodio per restituire a chi guarda l’evoluzione di un genere negli anni. Ma non c’è nessun gusto postmoderno in questa operazione, perché i fratelli Coen non sono mai stati interessati né alla parodia né agli omaggi che si limitano a rifare ciò che già è stato fatto.