The Blair Witch Project e le origini del mockumentary

Nel 1999 tutti i cinema e tutte le tv mondiali furono invasi dal seguente messaggio: Nell’ottobre del 1994, tre studenti di cinema scomparvero in un bosco nei pressi di Burkittsville.Maryland mentre giravano un documentario. Un anno dopo il loro filmato è stato ritrovato.

Stiamo ovviamente parlando del caso mediatico degli anni Novanta, il finto documentario dedicato alla strega di Blair, The Blair Witch Project. Scritto e diretto da Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez The Blair Witch Project racconta la storia di tre giovani ragazzi che decisi a far luce su una misteriosa leggenda locale (quella della fantomatica “”Strega di Blair”) si recano nel villaggio di Burkittsville (anticamente chiamato Blair) nel Maryland. Dopo una serie di interviste agli abitanti del paese i ragazzi si addentrano sempre di più nella foresta alla ricerca di indizi e dettagli spaventosi per il loro documentario universitario. Ma si avvicineranno ad una terribile realtà che li inghiottirà lasciando di loro una sola ed inquietante videocassetta… Prima di Contenders – Serie 7, My Little Eye, Rec, Paranormal Activity, Monster, Cloverfield, Live, Il quarto tipo, L’ultimo esorcismo, V/H/S e tanti altri titoli c’è The Blair Witch Project, uno dei mockumentary più famosi della storia del cinema, famoso non tanto per la qualità del film in sé (abbastanza bassa) ma più che altro per l’incredibile campagna mediatica messa in atto per promuoverlo.

###IMAGE-CQCNel 1999 Myrick e Sanchez crearono un vero e proprio mondo virtuale grazie ad una operazione di guerrilla marketing, una tattica di accerchiamento del mercato che, mediante piccole manovre mirate, fomentò l’attesa e la curiosità dell’opinione pubblica. Così in un’era ancora non dominata dai social networks e dalle campagne cinematografiche virali apparirono un sito internet, un libro, un fumetto e un cd dedicati alla strega di Blair per convincere sempre più la gente di assistere alla uccisione in diretta di tre giovani ragazzi appassionati di cinema. Quando uscì il film il successo fu assicurato. Oltre 248 milioni di dollari incassati (un record da Guinness World Records ancora imbattuto) worldwide a fronte dei soli 60.000 dollari spesi. Ma non è tutto. Uno dei registi horror più quotati dello splatter horror italiano e internazionale, Ruggero Deodato, ebbe da ridire sulla sceneggiatura del film, troppo simile a quella di Cannibal Holocaust: Myrich e Sanchez effettivamente ripresero la scaletta della sceneggiatura (a partire dalla idea della videocassetta ritrovata) del film di Deodato replicando alcune situazioni fondamentali senza la truculenza del cult horror italiano. Ma non è tutto.

Blair Witch ProjectA distanza di un anno dall’originale arrivò in tutte le sale Book of Shadows: Blair Witch 2, sequel del primo capitolo diretto da Joe Berlinger. Realizzato come un vero e proprio film dell’orrore di quegli anni (più vicino ai vari Scream e So cosa hai fatto che al mockumentary) e ormai lontano dalla guerrilla marketing (ormai rivelatasi a tutti per quello che era, un bluff) dell’opera di Myrich e Sanchez il thriller di Berlinger incasso “soli” 47 milioni di dollari worldwide a fronte dei 15 spesi, sancendo la fine di una saga che fece della furbizia e della fortuna le sue carte vincenti. A distanza di quasi quindici anni è indubbio che The Blair Witch Project abbia aperto (o in caso di plagio di Deodato, “riaperto”) un nuovo filone cinematografico, il mockumentary, ripreso da tutti i generi  del cinema contemporaneo, dall’horror al film di azione, fino alla commedia (Project X). Ed è indubbio che faccia parte di uno di quei film horror che in un modo o in un altro verranno ricordati. Ma sarà sempre un ricordo basato più che sulla bravura o talento dei suoi registi (letteralmente spariti dal 1999, eccetto qualche z-movie) sulla intelligenza e furbizia della campagna virale attuata per lanciarlo. Uno di quei rari casi in cui la finzione e il marketing superano il cinema.