The Transporter Legacy, la recensione del reboot della saga prodotto da Luc Besson

Dopo tre film ed una serie tv il 24 settembre arriva in tutti i cinema italiani The Transporter Legacy, il reboot della saga che ha lanciato nel mondo del cinema action Jason Statham. Prodotto da Luc Besson e Mark Gao, diretto da Camille Delamarre ed interpretato da Ed Skrein, Ray Stevenson, Loan Chabanol e Gabriella Wright, The Transporter Legacy racconta la storia di Frank Martin (Ed Skrein), un autista disposto a fare “qualunque” consegna se ben pagato. Le sue regole sono semplici: niente nomi, domande o ripensamenti. Ma un giorno si lascia convincere dalla femme-fatale Anna (Loan Chabanol) ad aiutarla, dietro un lauto compenso, a scappare dopo aver svaligiato una banca. Quella che sembrava così una “semplice” corsa in macchina tra le strade del Principato di Monaco, si trasformerà in una missione per uccidere Arkady Karasov (Radivoje Bukvic), il trafficante che ha costretto Anna e le sue complici a prostituirsi quindici anni prima…

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Solitamente sono gli americani a prendere prodotti di successo di diversi paesi e a rielaborarli con grandi star, migliori effetti speciali ed un budget che è spesso il quadruplo di quello utilizzato per il film originale. Il caso di The Transporter Legacy è però diverso perché sono gli stessi produttori, sceneggiatori e registi della saga con Jason Statham ad aver messo le mani su questo inatteso reboot. Un reboot che, purtroppo però, funziona solo in parte. Nonostante Ed Skrein sia un protagonista più efficace e seducente di Statham e The Transporter sia una tipologia di film che si presta benissimo a intrattenere, questa versione 2.0 è caratterizzata da una regia di stampo televisivo, una sceneggiatura che in modi improbabili cita I tre moschettieri di Alexandre Dumas ed una storia ricca di troppe sotto-trame per risultare efficace. L’azione e le sequenze acrobatiche, punti focali della saga, essendo più improntati al realismo rispetto ad altre opere dello stesso genere come i vari Fast and Furious, sono meno coinvolgenti e, conseguentemente, anche meno divertenti. Ed alcune situazioni sono talmente surreali e forzate (il personaggio interpretato da Ray Stevenson cura una delle ragazze con delle ragnatele) da portare lo spettatore a ridere di gusto anche quando non dovrebbe. Un aspetto che non è però totalmente negativo perché The Transporter ricrea quelle “logiche dell’assurdo” alla Charlie’s Angels che lo rendono un prodotto da non prendere troppo sul serio. Il risultato è così un’opera modesta che, giocando sul fascino del protagonista e sui panorami mozzafiato della splendida Costa Azzurra, riavvia una saga probabilmente fin troppo utilizzata dal cinema e dalla tv negli ultimi dieci anni.

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