Guardando True Detective 4 ci siamo chiesti: chi sono e come vivono i popoli dell’Alaska

True Detective 4 (foto: NowTv) - Newscinema.it

True Detective 4 (foto: NowTv) – Newscinema.it

Un popolo spirituale e silenzioso, abituato a vivere in un luogo estremo. Tanto legati al proprio territorio quanto oppressi dall’invasione degli stili di vita occidentali, le popolazioni native dell’Artico considerano il cambiamento climatico una minaccia per i loro diritti umani

Le detective Liz Danvers (Jodie Foster) e Evangeline Navarro (Kali Reis) guidano un’inquietante indagine tra i ghiacci di Ellis, una cittadina fittizia immersa nel buio dell’Alaska. True Detective – Night Country, quarta stagione della fortunata serie crime HBO, sviluppa infatti il mistero di otto ricercatori scomparsi nella cosiddetta notte polare, nonché il periodo di (circa) 66 giorni di oscurità completa che avvolge ogni anno il Paese più a nord degli Stati Uniti.

La gelida Ellis, molto diversa dalla paludosa Louisiana della prima stagione, nasconde macabri segreti che giacciono sotto i ghiacci dell’Artico, risalenti alla lontana e forzata convivenza tra la popolazione bianca e quella dei nativi d’Alaska. Nella serie diretta da Issa López, infatti, vediamo come gli abitanti originari di Ellis cerchino di ribellarsi alla miniera che sta progressivamente distruggendo il loro territorio, tra questioni razziali, identità che rischiano di perdersi e vecchi conflitti rimasti irrisolti.

I nativi d’Alaska e l’adattamento in un ambiente ostile

1.600 ore di buio: è più o meno questa (in base alla precisa zona di riferimento) la quantità di tempo totale che gli abitanti dell’Alaska vivono ogni anno senza luce. E la fittizia cittadina di Ellis non è da meno.

La prima scena di True Detective 4 comincia proprio con l’ultimo tramonto della stagione, quando un cacciatore della popolazione nativa sta per sparare a un caribù che però percepisce, insieme agli altri del branco, che qualcosa non va. Per questo motivo, le renne si buttano tutte inspiegabilmente giù da un baratro di un centinaio di metri. E poi arriva il buio.

Si tratta di una zona lontana dalla civiltà, coperta da neve e ghiaccio, dove il clima è inospitale e le giornate sono scandite solo dall’aria artica. Chi potrebbe vivere in un luogo del genere? Loro, i nativi dell’Alaska, fortemente legati, attaccati e affezionati al proprio territorio, sede di tradizioni ancestrali, credenze e misticismi.

La capacità degli Inuit di adattamento a un ambiente freddo si lega alla loro particolare abilità nel costruire attrezzi e altri utili oggetti con ogni tipo di materiale naturale. Vestiti di pelli, arpioni d’avorio o di corno, lame di pietra, pattini di slitte fatti all’occorrenza con strisce di carne gelata, sono esempi dell’adattamento indigeno all’ambiente naturale.

La serie di HBO ce li presenta come un popolo chiuso, oltre che altamente spirituale. Il loro silenzio nasce però da anni di invasioni e soprusi, che culminano oggi con la forte preoccupazione che il cambiamento climatico stia minacciando il loro stile di vita tradizionale, causato dai mutamenti economico-sociali delle popolazioni occidentali. Capiamo perché.

L’oppressione occidentale come minaccia dei diritti umani

Le origini degli abitanti dell’Alaska sono, come si può immaginare, antichissime. Gli Iñupiaq, insieme ad altri gruppi Inuit, provengono dalla cultura Thule, ovvero i progenitori di tutti i nativi che, intorno al 300 a.C., migrarono dalle isole del Mare di Bering a quella che oggi è l’Alaska.

Le attività principali praticate dai nativi, lontani dal concetto di proprietà materiale e liberi da limiti e inibizioni, sono la caccia e la pesca, nonché uniche fonti che consentono loro di sopravvivere in un ambiente così estremo e inospitale.

Attualmente la sopravvivenza di queste popolazioni risulta fortemente minacciata a causa dei mutamenti economico-sociali, influenzati dalla penetrazione della cultura e degli stili di vita occidentali. I nativi, come ci spiega la stessa True Detective, subiscono infatti forti pressioni provenienti dalle potenze economiche che vogliono sfruttare le risorse naturali di cui le loro terre sono ricchissime.

A preoccuparli, ci pensa anche l’assottigliamento del ghiaccio marino, gli inverni più caldi e l’erosione lungo la costa a causa dell’aumento delle tempeste autunnali. L’Inuit Circumpolar Council, un gruppo che rappresenta le popolazioni indigene dell’Artico, ha sostenuto che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia per i loro diritti umani.

Nativi d'Alaska
Nativi d’Alaska (Foto: Ansa) – Newscinema.it

I nativi, infatti, non sono gli unici abitanti dell’Alaska. Come ci mostra True Detective, la zona è ormai prevalentemente occupata dalla popolazione bianca. Molti di loro sono stati costretti ad andarci per esigenze lavorative (come il personaggio della stessa Jodie Foster, trasferita a Ellis dal colonnello), mentre altrettanti sono in fuga da un passato o una tragedia che cercano di dimenticare.

La spiritualità dei nativi si mescola alla razionalità delle indagini

Tra i valori che definiscono la popolazione dei nativi dell’Alaska, troviamo il rispetto per gli anziani, i ruoli familiari, l’umorismo, l’amore per la natura, la conoscenza dell’albero genealogico, la condivisione, l’umiltà e tanti altri ancora, tra cui spunta la spiritualità.

È proprio quest’ultima fondamentale caratteristica a definire la principale differenza di questa stagione di True Detective con le precedenti, fortemente legate alla fitta consequenzialità sistematica delle indagini. Per quanto riguarda i primi tre episodi della quarta stagione (gli unici disponibili finora), sembra come se una sorta di inedita soprannaturalità stia invadendo le menti e i ricordi di chi si affligge per cercare la verità.

Per capire come proseguirà il mistero, non resta che guardare True Detective – Night Country, con un nuovo episodio disponibile ogni lunedì su Sky e in streaming su NOW.

By Benedetta Pellegrini

Esperta di nuovi e vecchi media, scrivo principalmente di grande e piccolo schermo, come anche di sostenibilità, innovazione e sviluppo umano. Anagraficamente Gen Z, sono Millennial nella vita di tutti i giorni: fingo di saper usare TikTok, ma non ho mai abbandonato le agende cartacee.

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