Venezia 69. Conferenza stampa di Bella Addormentata

Esce oggi, distribuito da 01 Distribution, nelle sale italiane Bella Addormentata, ultima fatica di Marco Bellocchio, Leone d’Oro alla carriera ricevuto a Venezia 68. Ieri in conferenza stampa erano presenti il regista e tutto il cast, composto da: Toni Servillo, Maya Sansa, Isabelle Huppert, Pier Giorgio Bellocchio, Gianmarco Tognazzi, Roberto Herlitzka, Alba Rohrwacher e Michele Riondino. Salutato da applausi e standing ovation al suo ingresso in sala conferenze, Bellocchio è stato il bersaglio principale di tutte le domande dei giornalisti. Newscinema c’era per voi.

Marco, perché ha scelto il caso Englaro come base per la trama del suo film?

Marco Bellocchio: La mia scelta è stata casuale. Sono stato coinvolto e aggredito da ciò che vedevo e sentivo sul caso di Eluana e per reazione mi sono venute in mente prima le immagini, poi i personaggi e le storie, che però ho lasciato depositare nel tempo. Ho ripreso in mano alcuni anni dopo queste immagini e con Stefano e Veronica (Rulli e Ramo, cosceneggiatori ndr) abbiamo costruito la sceneggiatura. Non c’è niente di voluto o determinato per fare una cosa che volesse affermare un principio e una tesi. Poi alla fine il film svela il mio pensiero sull’argomento, ma non in senso ecumenico, piuttosto senza atteggiamento di disprezzo e odio. Le mie idee possono essere diverse da altri, ma possono aggiungere qualcosa. Io sono un regista che lavora molto con gli attori, e quindi prendo anche dalla loro arte le mie immagini, che senza il loro contributo sarebbero incompiute. I personaggi del film quindi rispondono in parte alla personalità degli attori che li interpretano.

Qual è la chiave di lettura del suo film?

M.B.: Questo film è fatto di tanti risvegli e non risvegli, il risveglio del senatore, dei peronaggi di Maya e di Brenno (Placido nel ruolo di Federico ndr), che si separa dalla madre. Se lo si esamina il film è inverosimile, i tempi rispondono ad esigenze strettamente cinematografiche. Il montaggio è ricreazione creativa, ed è anche un modo di andare all’essenziale. Si tratta di un film che va all’essenziale, non è un modo di compiacersi. Ricordo allora i mie collaboratori: la montatrice Francesca Calvelli, lo scenografo Marco Dentici e Carlo Crivelli per  le musiche, perché abbiamo realizzato insieme Bella Addormentata.

Maestro lei ha rappresentato tutte le posizioni e c’è uno sguardo di comprensione per il sentire cattolico, rappresentato diversamente dal passato…

M.B.: Se vuole sapere se mi sono convertito, no non l’ho fatto. Però la mia è una posizione calmamente e discretamente laica, anche se l’immaginazione non può respingere cose che ti vengono in mente. Ad esempio con il personaggio di Alba, non entro nel merito della sua fede, ma mostro che si innamora di un ragazzo di orientamento opposto. Non c’è un atteggiamento che voglia conciliare le diverse posizioni, non vuole né annullare, né condannare chi ha fede. Io non ho fede, ma rispetto e guardo con interesse chi non ce l’ha. Senza berla.

 Ha contattato padre di Eluana? Gli ha mostrato il film?

M.B.: Prima di iniziare la lavorazione, mi sono sentito in dovere di parlare con Pino Englaro, di cui avevo letto il libro. E’ stato disponibile e dall’inizio gli spiegai che avrei realizzato un film di fantasia in cui c’era il riferimento alla storia della figlia. Lui è stato d’accordo e so che lo ha visto, ma non voglio dire nulla su ciò che pensa. Il 7 lo presenteremo insieme ad Udine.

Hai lavorato sulla fragilità del personaggio, interpreti un politico vero?

Toni Servillo: Ho seguito l’ indicazione chiara di Bellocchio, ossia interpretare questo personaggio che mantenesse, sia nel dubbio che nella fragilità, una sua dignità. Lavorare con Bellochhio è davvero bello, perché tenendo molto in considerazione l’attore, riesce a  crea un rapporto di seduzioni reciproche. Per il senatore Beffardi, ha creato un personaggio ricco di drammaticità. Il senatore risponde ad una platea pubblica, sul piano di una coscienza più profonda, ad una figlia che ha posizioni ideologiche opposte alle sue.

Bellocchio, come mai non ha voluto mettere in scena quelle famiglie che vivono felicemente lo stato vegetativo e credono nel diritto alla cura?

M.B.: Si tratta di un campo molto delicato. Sarebbe innaturale per me utilizzare questo film come bandiera di una mia tesi personale. Io credo che un artista debba essere libero di credere quello che gli pare. In altro modo dovrei mettere nel film tante posizioni diverse che rischierebbero di irrigidire e limitarne la lavorazione. Io non credo che sia una minaccia alla cura quello che ho messo in scena. Si tende sempre a semplificare: “lei è o no per l’eutanasia”. Mi ha colpito anche la fine della vita del Cardinal Martini, quel chiedere una sedazione ed essere contro un accanimento terapeutico inutile, sono affermazioni che mi hanno colpito molto. Nel film viene ribadita la frase pronunciata da Wojitila “Lasciatemi tornare alla casa del Padre”. Voglio ribadire quello che sento più che quello che credo. Affrontando questo tema si parlerà anche del tema in sé del film, ma non vorrei che fossero trascurati il film come opera e le sue storie.

Da cosa è dipesa la scelta di alcuni nomi curiosi, come il dott. Pallido e il senatore Beffardi?

M.B.: Sono un po’ degli scherzi. All’interno di una sintesi cinematografica, in alcuni sec si concentra l’avventura di una vita. Il cinema non è frettoloso, è la sua forma che tende a concentrare a sintetizzare. Sintesi tipica di un linguaggio che non è la realtà.

 T.S.: In teatro e nel cinema la differenza tra personaggio e ruolo è di fondamentale importanza. Il ruolo mette in campo l’azione del personaggio.

Quanto ha pensato ad un pubblico globale? Oppure voleva raccontare questa storia solo ad un pubblico italiano?

M.B.: No, non penso al pubblico straniero, mi affido a quello che so fare insieme ai miei collaboratori. Alcune volte i miei film sono stati apprezzati all’estero, altre volte no, però sarebbe un calcolo troppo incerto. Posso fare io una domanda a Isabelle? Qual è il rapporto di Isabelle con il trascendente e la religione? Non che sia fondamentale saperlo, ma è pur sempre importante per costruire il personaggio ed è interessante, perché rientra nel mistero dell’attore quando si trova ad interpretare ciò che non è, insomma dove sei andata a pescare?

Isabelle Huppert: Mah…forse io sono questo personaggio. Io non mi pongo domande prima di interpretare, mai…dopo si. Lì finisco per acpire ciò che ho interpretato. Possiamo parlare di trascendenza quando siamo attraversati, in modo incosciente, da un sentimento di conoscenza. Io interpreto il ruolo di un’attrice che rinuncia la sua ragion d’essere. Sono stata colpita dalla teatralità del set, si tratta di un’attrice che in realtà mette in scena la morte di sua figlia, trasformandola nel mito della Bella Addormentata. Nessun personaggio è drammatico, è un film dove l’onestà intellettuale è immensa, chiedendosi che cosa ne facciamo di questa libertà che abbiamo o che desideriamo. Nessuno ha la risposta di che cosa fare della libertà che abbiamo.

Maestro, ritiene che sia un film politico il suo?

M.B.: In un film di Nanni Moretti uno chiedeva sempre: “Ma la lotta di classe, non c’è la lotta di classe?”. In me c’è una dimensione anarchico-pacifista e come risultato nel mio film, nonostante i politici, non c’è un atteggiamento di disprezzo nei confronti della politica, ma c’è la loro disperazione e smarrimento.Vedo una disumanità patologica, più che la volontà della poltrona, il loro sbandamento di cui sono inconsapevoli.

Roberto Herlitzka: In questo film l’ambiente in cui si fa politica è l’immagine di un piccolo inferno, una palude che emana dei fumi, un po’ come i dannati, ma di seconda classe.

Com’è che ha scelto un diverso finale rispetto alla storia di Eluana?

M.B.: Mi interessava riconoscere il fatto che Eluana vivesse una vita vegetativa e quindi anche il riconoscimento del padre, ottenuto con questa sentenza come riconoscimento della volontà della figlia. Non volevo essere in contrapposizione con la storia, volevo raccontare la situazione in cui si trova una ragazza che vuole morire e di un giovane medico, non psichiatra, forse proprio perché atratto da lei cerca di impedirglielo. Questa donna capisce che c’è qualcosa di buono in lui e non si suicida. In questo non ci sono delle similitudini, ma per libera scelta ho concluso così.

Perché ha scelto questo titolo?

M.B.:  Il riferimento non è solo ad Eluana, ci sono anche altri addormentati nel film, come se ci fosse uno stato di dormiveglia che riguarda non solo il personaggio di Maya. Si potrebbe anche allargare all’Italia il discorso su questa definizione.