Venezia 71°: La Vita Oscena, il dolore visionario e psichedelico di De Maria

La sezione Orizzonti della 71° edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia ha presentato il film La Vita Oscena di Renato De Maria, il regista italiano di Paz! e La Prima Linea, che si alterna tra piccolo e grande schermo. Prodotto dalla Film Vision, in collaborazione con Riccardo Scamarcio e Isabella Ferrari, La Vita Oscena è l’adattamento del romanzo autobiografico di Aldo Nove, che racconta la vita del giovane Andrea come un viaggio esistenziale psichedelico e visionario.

vita1Dopo aver perso prematuramente entrambi i genitori, il ragazzo appassionato di poesia viene risucchiato dal tormento della quotidianità, in cui i giorni procedono pesanti e vuoti, tra eccessi e sregolatezza. La vita diventa per lui sempre più soffocante e il suo mondo si riduce ad una piccola stanza invasa da riviste pornografiche, droga e una sofferenza devastante che lo logora piano piano. L’unica via d’uscita ai suoi occhi è il suicidio, come il suo poeta preferito George Trackl, ma questa incessante ricerca della morte lo riconduce alla vita, quando il professore d’italiano gli offre una seconda possibilità…andare a studiare a Milano. Clement Metayer nei panni del protagonista convince pienamente, con questo aspetto esile e un’anima rock che trasmette il dolore di vivere, con una base di bravo ragazzo che la vita ha temporaneamente trasformato. Le luci pulsanti, la musica rumorosa e un montaggio frenetico, costruiscono un film ricco e innovativo dal punto di vista della regia e della fotografia, soprattutto nel panorama attuale del cinema italiano.

Infatti, il passato di De Maria legato alla video arte e ai video musicali, irrompe in questa lettura surreale e ricca di metafore della storia di Andrea. Si percepiscono influenze di maestri visionari come David Lynch o Terry Gilliam, in un vortice narrativo che stordisce e porta avanti una sorprendente “odissea pop”, come la definisce lo stesso regista. Coraggiosa, tuttavia, la scelta di far condurre la sceneggiatura completamente ad una voce fuori campo, per cui il corpo e la voce viaggiano paralleli, risultando forse troppo pesanti da seguire per lo spettatore. Il cinema ha bisogno di dialoghi per mantenere un ritmo calzante e dinamico, che in questo film, a volte, tende a farsi prendere troppo da visioni e non da contenuti. De Maria, dopo Paz!, torna a raccontare l’universo giovanile dividendo il pubblico del festival di Venezia tra fischi e applausi, ma lascia un segno e incuriosisce per uno stile narrativo insolito e intrigante.

 

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