A raccontare la storia da “Diva!” di Valentina Cortese ci sono otto donne bellissime. Ma non sono le “8 femmes” di François Ozon, bensì le attrici scelte da Francesco Patierno per il suo nuovo documentario presentato fuori concorso al 74esimo Festival del Cinema di Venezia. Queste sono Barbora Bobulova, Anita Caprioli, Carolina Crescentini, Silvia D’Amico, Isabella Ferrari, Anna Foglietta, Carlotta Natoli e Greta Scarano.
La carriera del cineasta di origine campana, cominciata con il folgorante esordio di Pater Familias, opera così aliena dal restante panorama nazionale, è dovuta passare per il “cinema commerciale” prima di trovare nuovamente il suo naturale percorso. Già con lo splendido documentario Naples ’44, dove la voce di Benedict Cumberbatch accompagnava lo scorrere delle immagini in uno struggente racconto visivo del meridione devastato dalla guerra, Patierno aveva dimostrato di saper maneggiare la materia documentaristica in maniera brillante.
Le “8 femmes” di Francesco Patierno
Come spesso accade nei documentari, a dare il senso della narrazione è il montaggio, nuovamente affidato alla stessa Maria Fantastica Valmori che aveva collaborato con il regista al suo lavoro precedente. È la maniera in cui le immagini accompagnano le parole tratte dalla autobiografia della stessa Cortese (Quanti sono i domani passati) a determinare l’affascinante unione tra biografia e cinema.
Esemplare il momento in cui la scena dello scambio telefonico tra lei e William Lundigan in Ho paura di lui di Robert Wise (cinema) viene usata per rendere visivamente una conversazione avvenuta realmente tra l’attrice e la sede romana della 20th Century Fox (biografia). Così come decisamente straniante è vedere la nostalgica testimonianza video di una festa con Federico Fellini e Silvana Mangano al ritmo incalzante della colonna sonora elettronica composta dai The Spectrum.
Non è poi un caso se questo documentario dalla narrazione non cronologica si apra proprio con alcune scene di Effetto Notte, celebre esperimento metacinematografico di François Truffaut che valse alla Cortese una candidatura agli oscar. Se in quel capolavoro realtà e finzione si mescolavano sino a diventare indistinguibili, così Francesco Patierno lascia scorrere immagini di archivio per raccontare la vita di Valentina Cortese e quella dei personaggi che ha portato su schermo con la sua grazia da “diva”.
Narrazione di immagini e montaggio
A ciascuna delle otto interpreti è affidata una diversa sfaccettatura della complessa femminilità dell’attrice, mentre la sola incursione maschile è quella di Michele Riondino, che regala una magistrale interpretazione della corrispondenza letteraria ed amorosa tra la diva e l’istrionico regista teatrale Giorgio Strehler. Questa forma di documentario, che racconta attraverso le immagini e senza didascalie, è decisamente più avvincente di un qualsiasi biopic privo di inventiva (un genere in cui è facile fallire che solo i grandi maestri hanno dimostrato di poter gestire).
Lo aveva già confermato quest’anno Ermanno Olmi con il suo struggente Vedete, sono uno di voi dedicato al recentemente scomparso cardinal Martini. Ma se in quel caso il regista di Centochiodi compie una diversa operazione, unendo la memoria personale con quella collettiva e trasformando il suo lavoro in un documentario storico, in Diva! il cineasta campano entra nella sfera più intima di Valentina Cortese inscenandola attraverso i corpi “estranei” dei suoi personaggi e delle attrici che le prestano la voce. Eppure ciò che accomuna queste due opere così diverse è la volontà di sperimentare, di saltare tra passato e presente, tra realtà e finzione, regalando al genere nuova forza e vigore.