Dopo l’artificialità digitale di Tin Tin, quasi in uscita simultanea, Steven Spielberg porta sul grande schermo una storia fatta di carne ossa e celluloide, alla vecchia maniera. Girato nella campagna inglese, War Horse, tratto dal romanzo di Michael Morpurgo, racconta il legame di amicizia tra un ragazzo e il suo cavallo, sullo sfondo della prima guerra mondiale. Comprato all’asta per lavorare i campi, Joey (questo è il nome del cavallo), nato per correre, diventerà come un fratello per Albert (l’esordiente Jeremy Irvine). Ma la guerra e le difficoltà economiche costringeranno il padre di Albert, Ted Narracott ( Peter Mullan) a vendere il cavallo, a un ufficiale in partenza per il fronte. Inizia per Joey un lungo avventuroso viaggio per ritrovare la strada di casa. Una storia epica, che riprende le linee dei classici della Disney ( Zanna Bianca, Quattro cuccioli da salvare), il cui protagonista a quattro zampe attraversa la vita di uomini di mezza Europa insegnando loro il coraggio e la lealtà. Il cammino di Joey, attraverso i territori afflitti dalla Grande Guerra, svela l’umanità della vita in trincea, in maniera un po’ naïf.
Spielberg sceglie un approccio ingenuo, quasi fiabesco per questo racconto, nonostante una messa in scena ,realistica ed efficace, della guerra di trincea. La tenerezza suscitata dal quadrupede e l’imponenza della costruzione narrativa non reggono l’intero film, nonostante un cast di attori eccellenti, tutti in parte tranne Jeremy Irvine, il giovane Albert, che non regge il confronto col vero protagonista, Joey.
Rimane una favola gradevole e forse fin troppo delicata, ma che non arriva a essere emozionante come altre storie che Spielberg ci ha regalato.